Per le pensioni una delle misure che da tempo fa più discutere è senza dubbio opzione donna. Una misura che anno dopo anno viene prorogata ormai da tempo. Opzione donna, pur con i suoi evidenti limiti per quanto riguarda gli importi delle pensioni erogate con questa misura, ha un suo appeal. Tanto è vero che numerosi comitati e moltissime lavoratrici vorrebbero la misura strutturale. E soprattutto vorrebbero che il governo faccia un passo indietro sulle limitazioni ulteriori di cui è stata dotata la misura quest’anno, con la proroga sopraggiunta nella legge di Bilancio 2023.
Limiti di platea, dubbi crescenti per la nuova opzione donna
Ma a vedere bene il quadro della misura, e sfruttando la possibilità di congelare un diritto già maturato, le novità 2023, che limitano la platea delle beneficiarie, non riguardano tutte le lavoratrici.
“Buonasera, sono Mary, commessa di negozio che ieri ha compiuto 60 anni di età. Dal momento che ho 38 anni di contributi versati mi chiedevo se potevo in qualche modo rientrare in opzione donna. Nel 2023 la misura mi sembra sia stata delimitata a determinate categorie e collegata a i figli avuti. Io non sono mai diventata mamma. Il lavoro mi piace ma dal momento che il mio datore di lavoro vuole cambiare sede, spostandosi lontano da casa mia e in un altro Comune, se posso vorrei lasciare il lavoro e andare in pensione. ma ho paura di aver perso il treno di opzione donna visto che non l’ho sfruttata l’anno scorso quando per tutte bastavano 35 anni di contributi e 58 anni di età. Requisiti che io avevo già ma che non ho utilizzato per la pensione. Secondo voi la commessa di negozio è un lavoro che può dare diritto a prendere opzione donna quest’anno?”
Opzione donna, cos’è lo scivolo contributivo per le lavoratrici
Opzione donna è il nome comune con cui viene chiamata la pensione anticipata contributiva donna, che consente una uscita nettamente anticipata per le lavoratrici, rispetto ai requisiti ordinari.
Il cambiamento di opzione donna, com’era e come è diventata la misura
Se fino al 2022 la misura consentiva il pensionamento alle lavoratrici dipendenti a partire dai 58 anni e alle autonome a partire dai 59 anni, nel 2023 molto è cambiato. Infatti a 58 anni possono uscire solo le disoccupate e le lavoratrici in servizio in aziende con tavoli di crisi aperti. Oppure le invalide e le caregivers se hanno avuto 2 o più figli nella loro vita. Parliamo di invalide almeno al 74% o di chi assiste familiari stretti invalidi gravi. Se invece la lavoratrice ha avuto solo un figlio, l’uscita parte dai 59 anni, sempre per le due categorie prima citate. Senza figli a 60 anni. Per tutte le altre, nessuna possibilità di accedere ad opzione donna. Resta inteso che i prima citati requisiti devono essere stati completati tutti entro la fine del 2022.
La cristallizzazione del diritto
La nostra lettrice fa una certa confusione considerando il suo lavoro di commessa come un lavoro che non gli permette di accedere ad opzione donna. La misura infatti non distingue tra tipologie di attività lavorativa, tra lavoro gravoso o lavoro usurante. La misura ha i limiti di platea prima spiegati, ma solo per quante completano i requisiti minimi solo nel 2022.
Pensione subito per le donne
Non serve quindi aver avuto figli o appartenere a determinate categorie per poter andare in pensione nel 2023 per le lavoratrici che hanno completato i requisiti di opzione donna già nel 2021. Le novità introdotte recentemente dalla legge di Bilancio infatti non valgono se non per quelle che non avevano i requisiti per la vecchia versione di opzione donna. Anche chi per esempio non aveva 35 anni di contributi completati nel 2021, ma li completa solo l’anno successivo deve sottostare alle nuove regole.