Chi lavora nello spettacolo va in pensione con regole leggermente diverse rispetto alla generalità dei lavoratori. Questo perché la legge riserva loro trattamenti speciali in base anche al fondo di categoria di appartenenza. Cioè il Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo (FPLS) costituito presso l’Inps.
Per tutti i lavoratori è prevista la pensione di vecchiaia, ma anche quella anticipata. Mentre la copertura contributiva avviene in base alle giornate di lavoro prestate. Per le pensioni degli artisti, a partire dal 1° luglio 2021 l’anno di contribuzione si calcola non più con 120 giornate lavorative all’anno, ma con 90.
La pensione di vecchiaia per i lavoratori dello spettacolo
Posto che almeno due terzi delle giornate di lavoro devono essere prestate nel campo artistico o dello spettacolo vediamo quando vanno in pensione di vecchiaia i lavoratori, sia dipendenti, che autonomi, appartenenti a questa importante categoria. Qui bisogna, però, distinguere fra diverse figure professionali, poichè non tutte rientrano negli stessi parametri di calcolo.
Per ballerini, coreografi, tersicorei, assistenti e coreografi, fino al 31 dicembre 2024 la pensione di vecchiaia matura all’età di 47 anni con almeno 20 anni di contributi versati. Il requisito anagrafico è uguale per uomini e donne. E’ però necessario che i versamenti contributivi siano iniziati prima del 1996, anno di entrata in vigore della riforma Dini.
Per attori, conduttori, direttori d’orchestra, figurazione e moda, la pensione di vecchiaia arriva a 65 anni (uomini) e 64 anni (donne). Con almeno 20 anni di contributi.
Per registi, produttori, bandisti, maestranze e tecnici con contratto a tempo determinato e per impiegati, operai e maestranze con contratto a tempo indeterminato, la pensione scatta a decorrere dai 66 anni e 7 mesi, con almeno 20 anni di contributi.
Cantanti, artisti lirici e orchestrali vanno, invece, in pensione a 62 anni (uomini) e a 61 anni (donne) con almeno 20 anni di contributi.
La pensione anticipata
I lavoratori dello spettacolo possono andare in pensione anticipata seguendo le regole generali previste dalla riforma Fornero per la generalità dei lavoratori a prescindere dall’età anagrafica. E cioè con:
- 42 anni e 10 mesi di contributi con 3 mesi di finestra mobile (per gli uomini);
- 41 anni e 10 mesi di contributi con 3 mesi di finestra mobile (per le donne).
In alternativa si può andare in pensione anticipata a 63 anni con almeno 20 anni di contributi versati a patto che l’assegno minimo sia pari ad 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale. Questa regola vale però solo per i lavoratori contributivi puri, vale a dire per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995.