Nel sistema pensionistico italiano esistono delle misure che possono sembrare autentiche pensioni ma che invece non lo sono e sono prestazioni assistenziali. Per esempio, nessuno può considerare pensione l’assegno sociale dal momento che è una prestazione che viene erogata senza collegamenti ai contributi versati. E che viene pagata solo in presenza di condizioni reddituali del richiedente abbastanza particolari. Ma se sull’assegno sociale dubbi ce ne sono pochi dal punto di vista pensionistico, perché effettivamente non avendo necessità di contributi da accumulare è evidente che si tratti di una prestazione assistenziale, lo stesso ragionamento non può essere fatto per l’Ape sociale.
La misura che consente il pensionamento già a partire dai 63 anni di età con 30 anni di contributi per invalidi, caregiver e disoccupati, o con 32 o 36 per i lavori gravosi, ha diverse interpretazioni. E in alcuni casi si può arrivare a commettere degli errori che possono portare alla perdita del trattamento da parte dell’INPS.
“Buonasera, mi chiamo Davide e sono un contribuente che ha compiuto 67 anni di età a febbraio e che era in pensione già da due anni grazie all’Ape sociale. Purtroppo però ormai da mesi non prendo più il trattamento pensionistico. In pratica mi hanno bloccato l’Ape sociale e non ho capito perché. Volevo aprire una segnalazione all’INPS proprio per capire il motivo per cui sono uscito fuori dalla pensione. Non capisco il motivo per cui come ho compiuto gli anni mi hanno bloccato la pensione. Cosa posso fare?”
Ape sociale, ecco che tipo di pensione è
Il nostro lettore ci propone un quesito abbastanza facile da risolvere anche perché il problema che ha non è irreversibile, anzi. Il fatto che gli abbiano bloccato la pensione con l’Ape sociale dipende sostanzialmente dalla natura che l’anticipo pensionistico introdotto nel 2017, insieme alla quota 41 per i precoci, ha.
Anche se rispetto all’assegno sociale ha necessità di una determinata carriera contributiva, la misura può essere benissimo considerare assistenziale. Innanzitutto perché è destinata solo a determinate categorie di lavoratori e quindi ad invalidi, caregiver, disoccupati o alle prese con i lavori gravosi. Inoltre è una misura piena di limitazioni e vincoli. Tra le altre cose è anche temporanea. Ed è proprio questo aspetto della prestazione la cosa che il nostro lettore evidentemente non ha capito.
Ecco chi rischia di restare senza pensione dopo averla presa con l’Ape sociale
L’Ape sociale è una misura che viene erogata ai richiedenti nel momento in cui completano almeno il 63esimo anno di età. Come dicevamo prima servono almeno trent’anni di contributi versati se il richiedente è disoccupato, invalido o ha invalidi a cui prestare assistenza. Se invece svolge attività gravose, servono 32 anni di contributi per edili e ceramisti e 36 per tutte le altre categorie previste dalla normativa vigente. Detto questo, una volta in pensione con l’Ape sociale bisogna sottostare a determinati vincoli e limitazioni. La misura in quanto assistenziale non prevede l’erogazione di assegni per il nucleo familiare, tredicesima e maggiorazioni. Inoltre non si indicizza al tasso di inflazione ogni anno come invece accade alle altre misure pensionistiche.
La misura non è nemmeno reversibile in caso di decesso prematuro del beneficiario. Il problema del nostro lettore però riguarda la temporaneità della prestazione. Infatti l’Ape sociale ha due vincoli particolari. Il primo è quello di importo dal momento che la prestazione non può superare i 1.500 euro al mese. Il secondo invece è quello anagrafico. Infatti l’Ape sociale si può prendere massimo fino a 67 anni di età. Questo perché si tratta di un autentico reddito ponte che accompagna un lavoratore alla pensione a 67 anni di età.
Automaticamente bloccata la pensione, ecco quando
In maniera automatica e d’ufficio l’INPS blocca l’Ape sociale al lavoratore nel momento in cui compie i suoi 67 anni di età. In pratica la pensione cessa in maniera automatica nel momento in cui il beneficiario compie l’età anagrafica utile per la pensione di vecchiaia ordinaria. Ed è quella la pensione che spetta anche al nostro lettore nel momento in cui l’Ape sociale viene fermata. Al contrario del blocco che è automatico, l’INPS non trasforma la pensione con l’Ape sociale in pensione di vecchiaia altrettanto automaticamente. E di conseguenza ci si può trovare in situazioni come quelle del nostro lettore. Ecco chi rischia di restare senza pensione dopo averla presa con l’Ape sociale solo perché dimentica di presentare nuova domanda. E stavolta, per la pensione di vecchiaia ordinaria.
Cosa fare a 67 anni di età
Senza domanda di pensione di vecchiaia il diretto interessato resta senza trattamento da parte dell’INPS fino a quando non presenta la domanda. In termini pratici quindi il nostro lettore dovrà adesso presentare domanda di pensione di vecchiaia dal momento che ha compiuto i 67 anni di età e che ha sicuramente oltre i 20 anni di contributi versati che la misura prevede. Dal momento che è riuscito ad accedere anche all’Ape sociale, che come detto prevede carriere superiore ai trent’anni, la soglia minima per le pensioni di vecchiaia è abbondantemente superata. Prima presenta la domanda prima tornerà a essere beneficiario di una prestazione da parte dell’INPS. In questo caso la prestazione è la pensione di vecchiaia ordinaria che per lui sarà ancora più favorevole dell’Ape dal punto di vista degli importi.
Pensione di vecchiaia nettamente migliore dell’Ape sociale
Meglio la pensione di vecchiaia che l’Ape sociale, almeno dal punto di vista dei diritti e degli importi. Infatti con la pensione di vecchiaia vengono meno quelle limitazioni prima citate, a partire dal limite di importo della prestazione.
In pratica il nostro lettore prenderà una pensione più alta rispetto all’Ape sociale. E questo dal momento che inizia a fare i conti con la pensione di vecchiaia ordinaria. Oltretutto a gennaio del 2024 una volta in pensione otterrà anche quegli aumenti canonici che ogni anno l’INPS eroga ai pensionati con il meccanismo della perequazione.