Scuola: in pensione più di 30 mila docenti e molte domande respinte, come fare ricorso

Rigettate centinaia di domande di pensione nella scuola. L’Inps spiega che si tratta soprattutto di errori formali. Come chiedere il riesame della pratica.
2 anni fa
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pensioni

L’Inps ha terminato la procedura di verifica delle domande di pensione del personale scolastico che lascerà il servizio a fine agosto 2023. Secondo i dati preliminari, sarebbero più di 30.000 le richieste di prepensionamento presentate entro lo scorso 28 febbraio dagli insegnanti. Richieste in aumento di circa il 24% rispetto al 2022, ma anche rispetto al 2021.

L’incremento – spiegano gli esperti di previdenza – non è dovuto tanto allo sfruttamento delle deroghe per il pensionamento anticipato (Quota 100, Quota 102 e Quota 103), quanto all’elevata età media del personale scolastico.

Siamo oltre i 53 anni per il corpo insegnante e solo una persona su cinque è under 30. Così, più passano gli anni e più si aumentano le richieste di pensione dei professori al punto che entro i prossimi dieci anni più del 30% dei dipendenti lascerà il servizio.

Domande rigettate, come fare ricorso

Ma veniamo alle attuali richieste di pensionamento nella scuola. Come ogni anno, per andare in pensione bisogna presentare domanda di verifica dei requisiti all’Inps entro il 28 febbraio (1 marzo per Ape Sociale) per uscire dalla scuola il 1 settembre. L’Istituto, di fronte all’immensa mole di richieste, fa sapere di aver completato l’iter di verifica che concede la certificazione al diritto alla pensione. Passaggio preliminare e fondamentale per poi andare in pensione dal 1 settembre 2023, unica finestra di uscita.

Sulla totalità delle istanze presentate, alcune ancora oggetto di verifica, circa 800 sono state rigettate o necessitano di ulteriori accertamenti. Alcune sono ancora al vaglio dell’Inps, altre no. Ovviamente, in questo caso, il diritto alla pensione non scatta. E la cessazione dal servizio il 31 agosto rimane sospesa da parte del Ministero dell’Istruzione.

Fra i motivi di diniego comunicato dall’Inps, per chi ha già ricevuto la comunicazione, vi sarebbero molti errori formali che i patronati imputano più che altro alla procedura telematica dell’Istituto in continuo aggiornamento. Ma anche alla mancata rispondenza fra dichiarazioni rese da parte del lavoratore e i riscontri contributivi in banca dati o, in rari casi, alla perdita di dati trasmessi.

Cose che succedono sulla quantità e per chi ha posizioni assicurativa complesse, ma a cui è possibile rimediare.

Scuola, in pensione più di 30mila docenti

In via bonaria, per chi si è visto rigettare la certificazione al diritto di pensione a settembre, è possibile presentare un semplice ricorso amministrativo. Come spiegato anche dall’Inps nelle relative comunicazioni inviate al lavoratore. Quindi, nessun allarmismo, anche eprchè c’è ancora tempo per rimediare.

I patronati, che gestiscono la quasi totalità delle pratiche per conto del personale scolastico, suggeriscono di analizzare attentamente i motivi del rigetto verificando la posizione contributiva aggiornata. Una volta riscontrato il diritto alla pensione da parte dell’interessato è possibile presentare una semplice richiesta di riesame allegando la relativa documentazione comprovante il diritto alla pensione anticipata.

Fra i molti motivi di diniego al diritto alla pensione vi sarebbero però anche errori sostanziali. La mancanza dei requisiti contributivi, ad esempio, è uno dei più frequenti. Vuoi per mancanza di una settimana o di un mese, vuoi per mancato aggiornamento degli archivi presso il casellario centrale pensionati, l’Inps respinge la richiesta.

Questo succede in particolare per il personale scolastico che fa domanda di pensione anticipata con Opzione Donna, Ape Sociale e Quota 103. Il requisito contributivo in questi casi è fondamentale e se non risulta, le domande sono scartate quasi in automatico. Lasciando quindi in capo al lavoratore l’onere della prova

Per Opzione Donna, ad esempio, i contributi versati devono essere realmente versati. Cioè non derivanti da periodi di malattia o disoccupazione per i quali è previsto l’accredito figurativo. Per Quota 103 (uscita a 62 anni di età con 41 di contributi), invece, che vede circa un terzo delle richieste totali, il diniego sembra più legato a questioni tecniche relative all’aggiornamento del programma di gestione.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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