Il datore di lavoro nega il rimborso nel 730? due le soluzioni, una in pace, l’altra no

Quando usare il modello 730 precompilato e quando il datore di lavoro non può obbligare il dipendente a scegliere questa strada.
2 anni fa
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Quando usare il modello 730 precompilato e quando il datore di lavoro non può obbligare il dipendente a scegliere questa strada.
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Quando il datore di lavoro nega il rimborso nel 730 possono nascere problemi molto fastidiosi per chi ha sostenuto spese di vario genere. Il modello 730 è quello maggiormente utilizzato dai contribuenti italiani per la presentazione della dichiarazione dei redditi. In primo luogo perché la stragrande maggioranza dei contribuenti ha redditi da lavoro dipendente o redditi da pensione. Poi perché si tratta del modello di dichiarazione dei redditi più facile da usare. A tal punto che ormai molti contribuenti fanno tutto da soli, per il tramite del proprio cassetto fiscale utilizzando l’area riservata dell’Agenzia delle Entrate e strumenti quali lo SPID, la CIE o la CNS.

Ma anche perché è il modello di dichiarazione che ha più velocità nel permettere l’operazione di conguaglio fiscale che è alla base dell’obbligo di presentare la dichiarazione stessa.

Infatti solo con il modello 730 si utilizza il datore di lavoro o l’ente previdenziale che paga la pensione, come sostituto di imposta. Significa che al posto di interpellare l’Agenzia delle Entrate, il debito IRPEF da versare o il credito IRPEF da recuperare, come fuoriescono dalla dichiarazione, vengono messi a posto dai sostituti. Quindi in busta paga o nel cedolino della pensione.

Il datore di lavoro dice no al rimborso fiscale del 730

Senza sostituto infatti i tempi di liquidazione dei conguagli fiscali si allungano di molto, soprattutto per quanto concerne rimborsi da prendere per eccedenze IRPEF a credito. A volte però il datore di lavoro impone al lavoratore di non essere messo in mezzo in questa operazione. Ma è lecito che un datore di lavoro dica al suo dipendente che non vuole fare il sostituto di imposta?

“Buongiorno, sono Davide e ho un problema particolare. Ieri il mio datore di lavoro mi ha detto che è inutile che presento il modello 730 per ottenere il rimborso per 7.000 euro tra spese sanitarie e ristrutturazione casa iniziata nel 2022.

In pratica mi ha detto di fare tutto da solo e di non metterlo nel 730 come mio datore di lavoro. Volevo sapere se sta facendo una cosa lecita o meno e volevo capire come devo comportarmi. Anche perché ho paura di perdere soldi di detrazione che mi toccano di diritto. O sbaglio?”

Il modello 730, la dichiarazione senza sostituto e gli obblighi del datore di lavoro

Per i contribuenti che nel 2022 hanno percepito redditi di lavoro dipendente, redditi di pensione e alcuni redditi assimilati (anche alternativamente), la dichiarazione dei redditi si può presentare anche se che nel 2023 non hanno un datore di lavoro che possa effettuare il conguaglio. La soluzione si chiama modello 730 senza sostituto. Infatti nel frontespizio della dichiarazione si nota il quadro relativo ai dati del sostituto con una casella da barrare per la soluzione “senza sostituto”. In altri termini, nel riquadro destinato al datore di lavoro, cioè in quello che viene definito “Dati del sostituto d’imposta che effettuerà il conguaglio”, non va inserito alcun dato.

Perché 730 senza sostituto

Basterà barrare la casella “Mod. 730 dipendenti senza sostituto”, in basso a destra in questa area. Esattamente dal 2014 i contribuenti possono adottare questa tipologia di dichiarazione dei redditi che li porta ad ottenere l’eventuale rimborso spettante direttamente dall’Agenzia delle Entrate. O per contro, a versare le imposte dovute con F24 direttamente al Fisco. Non tutti possono usare il modello 730 senza sostituto. Una cosa da chiarire questa, anche perché una particolare deroga a questi limiti si è avuta con il COVID. Il governo allora decise di agevolare i datori di lavoro liberandoli da quello che come vedremo è un obbligo, ovvero quello di effettuare i conguagli fiscali per i dipendenti.

Le tempistiche del rimborso IRPEF dopo la dichiarazione dei redditi

Pertanto, nella dichiarazione dei redditi, sia che termini con un rimborso, sia che termini con un debito, l’assenza di sostituto fa chiudere la partita in maniera diretta tra contribuente ed Agenzia delle Entrate.

Una soluzione più veloce rispetto al modello Redditi PF, almeno per quanto concerne l’eventuale rimborso. Con il Modello Redditi infatti, il rimborso arriva in genere l’anno successivo a quello della dichiarazione. A volte anche diversi anni dopo. Questo anche perché il modello 730 scade prima del modello Redditi per cui c’è tempo praticamente fino a fine anno per completare la dichiarazione.

Con il modello 730 invece, se a seguito della liquidazione della dichiarazione si arriva a rimborso, questo arriverà a dicembre se il contribuente segnala all’Agenzia delle Entrate le proprie coordinate bancarie del conto corrente. In alternativa, cioè senza IBAN, il rimborso arriverà a marzo dell’anno successivo, con bonifico domiciliato presso Poste Italiane.

Badanti, colf e i disoccupati, quando la dichiarazione senza sostituto è l’unica via

In alcuni casi la dichiarazione senza sostituto è obbligatoria. Perché il contribuente è un lavoratore domestico, badante o colf che sia e come tutti sanno, il datore di lavoro domestico non è un sostituto di imposta. Oppure perché il datore di lavoro non è presente perché il contribuente è disoccupato on privo di occupazione. L’Agenzia delle Entrate ha introdotto la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi senza indicare il datore di lavoro e quindi senza sostituto, proprio per determinate categorie di contribuenti. Significa che non può essere utilizzato da chi un sostituto di imposta lo ha.

La capienza fiscale del datore di lavoro è fondamentale per il rimborso del 730

Il datore di lavoro non può negare il rimborso al lavoratore in nessun caso. L’unica eccezione in mano al datore di lavoro è quella della capienza fiscale. Infatti nel caso in cui il datore di lavoro sia incapiente, cioè non ha tasse da pagare a sufficienza per poter ottenere dal Fisco ciò che lui anticipata al dipendente, può posticipare l’erogazione del rimborso.

Infatti nulla vieta di darlo a rate nelle buste paga successive a quella del conguaglio.

Il datore di lavoro nega il rimborso nel 730? Due le soluzioni, una in pace, l’altra no

In pratica se il dipendente presenta la dichiarazione dei redditi entro il 31 maggio prossimo, il conguaglio deve essere versato dal datore di lavoro con lo stipendio di luglio. Ma se per quel mese il datore di lavoro è incapiente, non lo erogherà a luglio o non lo erogherà per intero a luglio. Passerà ad una erogazione a rate, ma obbligatoria comunque. Se ci sono più dipendenti a rimborso, la percentuale di rimborso spettante a ciascun dipendente ogni mese deve essere uguale. Sicuramente la questione del rimborso in busta paga negato dal datore di lavoro è una di quelle più diffuse. E spesso terminano in contenziosi tra datore di lavoro e lavoratore dipendente. Ma c’è anche la via alternativa e pacifica.

In pratica il dipendente anche se non dovrebbe, può lo stesso utilizzare il modello 730 senza sostituto. Una forzatura che è alla base di una anomalia del 730 precompilato. Dal momento che non è inserito in automatico il datore di lavoro, il contribuente può comunque scegliere di barrare la casella prima citata. Difendendosi magari in sede di controllo fiscale, con il fatto che stava per perdere il posto di lavoro e che non era sicuro di avere un sostituto di imposta (un datore di lavoro) a luglio o nei mesi successivi per il rimborso.

 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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