In pensione prima: ecco quando l’attività lavorativa consente un pensionamento anticipato

Pensione anticipata: tutte le misure che permettono ad alcuni lavoratori di uscire dal lavoro prima degli altri.
2 anni fa
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Pensioni anticipate ordinarie nel 2025, l’età non conta, ecco la guida
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Posso andare in pensione prima di compiere i 67 anni di età? Una domanda questa che sicuramente si pongono molti lavoratori e molte lavoratrici. La risposta generica a una domanda di questo tipo è “Sì”. E’ possibile andare in pensione prima, sia sfruttando una lunga carriera lavorativa, tale da permettere l’ingresso in misure distaccate da qualsiasi limite anagrafico. Sia sfruttando misure in deroga che a determinate condizioni e con determinati requisiti, consentono il pensionamento anticipato. E spesso ciò che serve è il giusto lavoro.

Perché ci sono delle normative di favore per chi svolge determinate attività lavorative. Spesso infatti in base al lavoro svolto, soprattutto se svolto per il giusto periodo, l’INPS concede misure anticipate.

“Buonasera. Sono un lavoratore dipendente del settore agricolo. Da tempo svolgo questa attività e ho 62 anni. Sono stanco, a tal punto che vorrei poter andare in pensione. Ma non so se è possibile a fronte di una trentina di anni di contributi. Nel mio settore facciamo spesso appoggio sulle indennità di disoccupazione e quindi ho anche molti contributi che dovrebbero essere figurativi. Possibile che a fronte di un lavoro così pesante come quello nei campi, lo Stato non dia la possibilità di andare in pensione prima?”

Perché le misure di pensione anticipata devono essere limitate come platee

Sono più i pensionati in Italia che i lavoratori. Ed il sistema pensionistico italiano funziona in maniera collegata tra lavoro e pensioni. In pratica i lavoratori di oggi, che versano i contributi, riempiono le casse dell’INPS di soldi che poi lo stesso Istituto usa per pagare le pensioni a chi in passato lavorava. Evidente che se sono di più i pensionati che i lavoratori, la macchina rischia di incepparsi. Perché sarebbero più i soldi che l’INPS eroga che quelli che riceve. Una doverosa premessa per spiegare il fatto che le misure di pensionamento anticipato non possono essere tante e soprattutto non possono essere appannaggio di tutti.

Impossibile mandare in pensione prima tutti i lavoratori, perché imploderebbe il sistema. Ecco perché le misure di pensionamento anticipato in deroga, dalla quota 103 all’Ape sociale, da opzione donna allo scivolo usuranti, sono misure molto delimitate come platee.

Solo chi rispetta determinati requisiti può avere accesso a misure di favore come uscita dal lavoro. E i requisiti altro non sono che vincoli e paletti che rendono spesso le misure difficili da centrare. Spesso è il lavoro svolto a determinare l’accesso a un pensionamento anticipato oppure no. E il lavoro agricolo, che svolge il nostro lettore, come tante altre attività lavorative, possono dare diritto al pensionamento anticipato.

Ecco le pensioni per chi svolge determinate attività

Ci sono attività lavorative che oggettivamente sono più pesanti di altre. E sono attività lavorative talmente logoranti che è sconsigliabile costringere un soggetto a una determinata età, a continuare a svolgerle. Anche lo Stato sembra sia cosciente di questo, a tal punto che ormai esistono misure che consentono di anticipare il pensionamento in base ad una determinata attività lavorativa svolta. Per esempio abbiamo l’Ape sociale, la quota 41 per i precoci e lo scivolo usuranti. E nelle tante parole che si perdono per la riforma delle pensioni, si parla sempre di consentire vantaggi in termini di pensionamento, a chi svolge lavori particolarmente duri.

Perfino il Presidente dell’INPS Pasquale Tridico parla da tempo di misure flessibili in base al lavoro svolto. Una proposta che qualcuno interpretò come una pensione a punti o a coefficienti. Perché bisogna dare un determinato punteggio o un determinato coefficiente ad un altrettanto determinato lavoro svolto. Come dire che 20 anni in agricoltura, restando in tema del nostro quesito, debbano essere più validi rispetto a 20 anni da impiegato d’ufficio, per esempio.

L’Ape sociale per il lavoro gravoso, ecco come funziona

Una misura che consente di andare in pensione a quanti svolgono alcune attività considerate gravose è l’Ape sociale. La misura è stata prorogata anche per il 2023, ma scade proprio a fine anno. Dal momento che la misura sempre piaccia a tutti, è probabile che venga riproposta con la nuova legge di Bilancio e ripresentata ai nastri di partenza dell’anno previdenziale 2024. Magari ritoccandola come qualcuno vorrebbe. Ritocchi che mirano ad aumentare la platea dei potenziali aventi diritto.

Per accedere all’ape sociale per lavoro gravoso bisogna avere almeno 63 anni di età e almeno 36 anni di contributi. Solo alcune categorie godono di uno sconto sui contributi da accumulare, a tal punto da poter uscire con 32 anni di versamenti (edili e ceramisti, nda). L’attività gravosa svolta però, deve essere quella lavorativa del diretto interessato, in sette degli ultimi dieci anni di carriera o in sei degli ultimi sette anni. Spesso in sede di istruttoria della domanda l’INPS chiede le buste paga degli ultimi anni di carriera, proprio per la verifica di questo requisito aggiuntivo (anche per gli usuranti stesso meccanismo).

Quali sono i lavori gravosi utili all’Ape sociale?

Per quanto concerne le categorie di lavoro gravoso che possono dare diritto all’Ape sociale, nel 2023 tali categorie sono state largamente aumentate. Infatti fino al 2022 erano 15 le categorie di lavoro gravoso previste dalla misura, ed erano le stesse cui si concedeva anche la quota 41 per i precoci. Infatti per chi svolgeva una di queste 15 attività con 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi da lavoro e di cui 1 versato anche discontinuamente prima del compimento dei 19 anni di età, la pensione non prevedeva limiti di età. La quota 41 vale ancora oggi ed è ormai strutturale. Pertanto senza limiti anagrafici chi svolge una delle seguenti 15 attività può andare in pensione:

  • operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • conciatori di pelli e di pellicce;
  • conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
  • conduttori di mezzi pesanti e camion;
  • infermieri e ostetriche di sale operatorie e sale parto con lavoro organizzato in turni;
  • addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
  • insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido;
  • facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
  • personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
  • operai dell’agricoltura;
  • marittimi;
  • pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
  • lavoratori del settore siderurgico.

Lavoro usurante, la pensione con quota 97,6

Lavoro gravoso da non confondere col lavoro usurante.

Perché quest’ultimo ha un’altra misura di pensionamento anticipato che si chiama proprio scivolo usuranti. Chi svolge un lavoro usurante, o chi lavora di notte per almeno 3 ore tra le 00:00 e le 05:00 del mattino, può accedere ad una pensione anticipata con requisiti agevolati. La pensione per usuranti e notturni è una misura prevista dal decreto legislativo n° 67 del 2011, e consente ai lavoratori che svolgono queste attività lavorative particolarmente pesanti, di uscire all’età di 61 anni e 7 mesi. Servono pure almeno 35 anni di contributi, e contestualmente occorre completare la quota 97,6. Lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti previste dall’allegato “A” del decreto legislativo n° 67 del 2011 e cioè:

  • addetti alle linee di montaggio a catena;
  • i lavoratori notturni continuativi;
  • chi lavora in cassoni ad aria compressa;
  • operai al lavoro in galleria, in miniera o in cava;
  • palombari;
  • chi svolge lavori in spazi ristretti;
  • autisti dei mezzi di trasporto pubblico;
  • chi svolge lavori ad alta temperatura;
  • addetti all’asportazione dell’amianto.

Il lavoro notturno da diritto al pensionamento anticipato

Sugli addetti al lavoro notturno, c’è da fare un approfondimento. Infatti per lavoro notturno parliamo di coloro i quali svolgono il lavoro notturno per almeno 6 ore al giorno in un intervallo compreso tra la mezzanotte e le 5 del mattino. Per questi lavoratori i requisiti per lo scivolo usuranti sono diversi rispetto a quelli degli altri lavori che rientrano nella misura. Ma si parte sempre da quota 97,6, da 61,7 anni di età e da 35 anni di contributi versati.

Infatti con quella combinazione escono coloro i quali hanno svolto lavoro notturno per almeno 78 giorni all’anno. Servono 62 anni e 7 mesi per chi ha lavorato di notte da 72 a 77 giorni all’anno e 63 anni e 7 mesi per chi ha lavorato di notte da 64 a 71 giorni all’anno. Pure per il lavoro notturno bisogna averlo svolto per lungo periodo. Come per tutti i lavori usuranti queste attività devono essere state svolte dal diretto interessato per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di carriera o per almeno la metà della vita lavorativa complessiva.

 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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