Il cantiere sulla riforma pensioni 2024 ha riaperto i battenti. Il confronto dello scorso 26 giugno fra governo e parti sociali si è, però, dimostrato improduttivo e quasi inutile ai fini dei progetti tirati in ballo per superare la Fornero a fine anno con la fine di Quota 103. Le parti restano distanti.
Tutto resta avvolto dall’incertezza, anche perché se l’inflazione non accenna a calare drasticamente, il governo si ritroverà con le mani legate. Milioni di pensioni dovranno essere rivalutate pesantemente l’anno prossimo richiedendo un altro sforzo finanziario notevole, dopo quello avvenuto nel 2023.
Quota 103 verso la proroga?
Resta quindi ancora da definire la sorte Quota 103. Il governo potrebbe prorogarla di un altro anno in attesa di tempi migliori. Il pensionamento anticipato a 62 anni di età con 41 di contributi, del resto, è una misura che non presenta costi proibitivi stante anche il numero basso degli aventi diritto (circa 44 mila quest’anno).
Tuttavia sarà l’Osservatorio sulle pensioni, appena istituito dal governo Meloni, a fornire un quadro più dettagliato sulle previsioni di spesa al momento opportuno. L’Osservatorio, composto da 15 membri esperti di previdenza, ha infatti lo scopo di valutare e tenere costantemente informato il governo sulla valutazione dell’impatto della spesa previdenziale.
Nessuno spiraglio per ripristinare Opzione Donna. L’uscita anticipata, oggi vincolata a requisiti soggettivi più stringenti, difficilmente potrà tornare come prima. Semmai potrebbe essere assorbita da Ape Sociale, meccanismo di pensionamento anticipato che prevede l’uscita anticipata a 63 anni per lavoratori svantaggiati. E’ infatti qui che il governo punta ad ampliare le uscite anticipate.
Più flessibilità per le pensioni
Particolare attenzione dell’Osservatorio pensioni, come indicato dal ministro del Lavoro Elvira Calderone, sarà riservata ai sistemi di prepensionamento e ricambio generazionale. Problema amplificato dal calo demografico, ormai cronico, e che ha richiamato anche l’attenzione di Papa Francesco in occasione della celebrazione del 125 esimo anniversario della nascita dell’Inps.
“verificare la sostenibilità di forme di anticipo pensionistico che non gravino unicamente sulla spesa pubblica, ma consentano un ciclo virtuoso fra lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori prossimi alla pensione”.
L’obiettivo è arrivare a forme di pensioni anticipate più flessibili per chi è in difficoltà. In questo senso Ape Sociale appare come l’unico strumento di prepensionamento che non sarà toccato nei prossimi anni.
La categoria dei lavoratori gravosi potrebbe infatti essere ampliata per consentire a nuove figure professionali logoranti di andare in pensione qualche anno prima. Anche per le donne con figli si stanno studiando maggiori forme di tutela con anticipi fino a 2-3 anni per ogni figlio.
Il silenzio assenso e la previdenza integrativa
Un punto certo, invece, su cui governo e sindacati non hanno dubbi di convergenza di vedute è la riforma della previdenza integrativa. Scopo dell’esecutivo è quello di ampliare il bacino d’utenza soprattutto dei giovani abbassando la soglia di tassazione delle quote Tfr da destinare ai fondi.
A tal fine sarebbero in arrivo nuovi incentivi fiscali per promuovere le pensioni complementari. Anche attraverso il rafforzamento dell’istituto del “silenzio assenso” per i lavoratori nuovi assunti. Si punta, quindi, a modificare la legge del 2007, nella parte che prevede per i soli neo assunti un periodo di sei mesi di tempo per decidere se lasciare il Tfr in azienda o destinarlo alla previdenza complementare.
Secondo i piani dell’esecutivo, il nuovo semestre di silenzio assenso riguarderebbe dal prossimo anno tutti i lavoratori che ancora mantengono il Tfr in azienda. Quindi non solo i neo assunti che sarebbero chiamati a una scelta esplicita. In assenza della quale la loro posizione verrebbe destinata automaticamente ai fondi pensioni negoziali di riferimento.