L’incremento dei costi energetici, gas, energia elettrica, petrolio, così come quello di tutti i beni e servizi in generale, ha ridotto il potere di acquisto delle famiglie. Tuttavia l’inflazione degli ultimi due anni colpisce anche e soprattutto chi svolge attività d’impresa. Mentre chi è in regime ordinario (o semplificato) può dedurre i costi in maniera analitica, chi ha la partita iva in regime forfettario considera i costi legati all’attività svolta sulla base di una percentuale forfettaria prestabilita a monte e legata al c.
Dunque, al forfetario è riconosciuta a riduzione dei ricavi imponibili una percentuale forfettaria. Tale percentuale coincide con le spese che si presumono sostenute nel corso dell’anno e va ad abbattere i ricavi/compensi conseguiti. Indipendentemente dal fatto se queste spese vengano sostenute o meno.
I coefficienti di redditività non sono stati aggiornati all’inflazione. Da qui, è utile analizzare le conseguenze in capo al contribuente in regime forfetario dell’inflazione soprattutto in riferimento ai costi energetici.
Regime forfettario. Il calcolo del reddito sulla base dei coefficienti di redditività
Il comma 64 della Legge n°190/2014, stabilisce che, chi aderisce al regime determina “…il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nell’allegato n.4 annesso alla presente legge, diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata”.
Dunque, al totale dei ricavi/compensi incassati, compresa la marca da bollo addebitata eventualmente al cliente, si applica il coefficiente di redditività associato al codice Ateco dell’attività svolta.
Ad esempio, un intermediario del commercio applica al totale ricavi incassati un coefficiente di redditività del 62%; ciò significa che lo Stato gli riconosce un’incidenza dei costi sui ricavi dell’attività svolta pari al 38%.
Ad esempio, ipotizzando incassi per 30.000 euro, il reddito sarà pari a 18.600.
Dunque, come evidenziato nella circolare n°10/E 2016, le spese sostenute nello svolgimento dell’attività di impresa, arte o professione rilevano in base alla percentuale di redditività attribuita, in via presuntiva, all’attività effettivamente esercitata.
Inoltre in presenza di ricavi o compensi derivanti dal contemporaneo esercizio di attività riconducibili a codici ATECO diversi, il contribuente determina l’imponibile lordo applicando ai ricavi/compensi imputabili a ciascuna attività il relativo coefficiente di redditività.
Dal reddito come sopra determinato, sono deducibili in via analitica i contributi previdenziali dovuti per legge, compresi i contributi previdenziali versati per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, nonché quelli versati per conto dei collaboratori non fiscalmente a carico. Ciò a condizione che il titolare non abbia esercitato nei loro confronti il diritto di rivalsa.
Regime forfettario. Come l’inflazione cambia i coefficienti di redditività
Come accennato in premessa, i coefficienti di redditività non sono aggiornati all’inflazione crescente degli ultimi due anni. Soprattutto per quanto riguarda, energia elettrica, gas e petrolio. Dunque, nonostante il forte incremento dei prezzi, al forfettario è riconosciuta una percentuale a titolo di spese a riduzione dei ricavi/compensi. Ed è la stessa di quella degli anni precedenti.
Da qui, è necessario che il Governo intervenga al più presto per rivedere i coefficienti di redditività. Considerando un impatto più rilevante dei costi sostenuti nello svolgimento dell’attività d’impresa ma anche professionale.
Riassumendo…
- Il contribuente in regime forfettario determina il reddito sulla base di un coefficiente di redditività che tiene conto delle spese potenzialmente sostenibili nel corso dell’anno;
- i coefficienti di redditività non sono aggiornati all’inflazione crescente degli ultimi due anni;
- il forfettario non può ammortizzare l’aumento dei prodotti “energetici”.