Il clima di relativo ottimismo sul mercato obbligazionario turco prosegue. Da quando Recep Tayyip Erdogan ha ottenuto il nuovo mandato, vincendo di stretta misura il ballottaggio a fine maggio, i capitali esteri sono riaffluiti nel paese. Il team economico al governo è stato cambiato e così anche alla guida della banca centrale. Il nuovo governatore da inizio giugno è Hafize Gaye Erkan, 44 anni e prima donna a ricoprire la carica nella storia di Ankara. Il rally dei bond in dollari emessi dalla Turchia ha esitato risultati in doppia cifra.
La scadenza a 5 anni, 15 gennaio 2028 e cedola 9,875% (ISIN: US900123DF45), è salita dai 95,40 centesimi del 22 maggio ai quasi 106 di oggi. In termini percentuali, siamo a +11%. La scadenza a 10 anni, 19 gennaio 2033 e cedola 9,375% (ISIN: US900123DG28), è passata nello stesso periodo da 90,35 a più di 105: +16,5%. Rispetto a poche settimane fa, i rendimenti lungo la curva sono scesi decisamente sotto la doppia cifra. Il bond della Turchia a 5 anni offre ora meno dell’8,45% e quello a 10 anni meno dell’8,75%.
Inflazione Turchia alta a lungo
Ma alla luce delle ultime dichiarazioni di Erkan, l’ottimismo appare forse un po’ esagerato. Per fine anno il governatore si attende un’inflazione in rialzo al 58% dal 22,3% previsto dall’ex governatore Sahap Kavcioglu. Resterà altissima anche l’anno prossimo al 33% e nel 2025 scenderà solo al 15%. Tre le cause individuate: indebolimento del cambio, domanda più resiliente del previsto e mutamento dei criteri di calcolo. Quest’ultima sembra più un modo garbato per dire che la banca centrale sia stata inaffidabile anche nelle sue previsioni macro fino a qualche mese fa.
Erkan ha già alzato i tassi due volte per 900 punti base o 9% cumulativi, portandoli al 17,50%. Il mercato si aspettava interventi più drastici. Probabile che il nuovo governatore voglia inasprire le condizioni monetarie senza urtare eccessivamente la suscettibilità del presidente Erdogan ed evitando un “hard landing” per l’economia domestica.
Bond Turchia, possibile correzione in arrivo
Il rally dei bond della Turchia in dollari potrebbe essere sostenuto dagli investimenti delle stesse famiglie turche a caccia sia di rendimento che, soprattutto, di riparo dal collasso del cambio. Sta di fatto che la svalutazione ancora in corso impatta anche sulla loro solvibilità. Più la lira turca perde valore contro il dollaro e più oneroso diventa per lo stato rimborsare i bond in dollari. C’è da dire, però, che proprio l’allentamento delle restrizioni sui capitali sta migliorando la situazione delle riserve valutarie. Queste sono salite dai 58 miliardi di dollari di inizio giugno ai 71,7 miliardi del 21 luglio scorso.
Attualmente, la banca centrale sta impedendo alla lira turca di scambiare contro il dollaro ad un tasso superiore a 27. Sta cercando di limitare l’impatto sull’economia domestica della svalutazione, che inevitabilmente tende ad accrescere l’inflazione, aumentando il costo dei beni importati. A giugno, era scesa al 38,2%. I bond della Turchia non sono fuori dai guai. Qualche correzione nelle prossime settimane resta possibile. Alcuni investitori monetizzeranno i guadagni di questi mesi. E altri entreranno sul mercato solo in presenza di novità macroeconomiche positive.