Percepire l’indennità di disoccupazione (nota come Naspi) costituisce un aiuto provvisorio abbastanza sostanzioso ma, allo stesso tempo, presuppone una condizione di estrema precarietà.
Una sorta di conto alla rovescia che, dal momento della perdita del proprio impiego fino al gong dei versamenti legati all’indennità, peraltro regressivi nel loro importo, impone di rimediare alla propria condizione di disoccupazione. Sempre che il contesto sociale attorno dia una mano. Anche se, di per sé, la Naspi non impedisce di accedere a dei percorsi occupazionali che, parallelamente al trattamento percepito, permettono una progressiva reintegrazione.
Non sempre, però, è chiaro se possa avvenire anche il contrario. Ossia se colui che è titolare della Partita Iva possa inoltrare richiesta per ottenere l’indennità di disoccupazione. Un interrogativo diventato abbastanza “popolare” durante e dopo la pandemia, quando molte attività autonome si sono viste costrette a chiudere i battenti o, nella migliore delle ipotesi, a mantenersi appena a galla, senza poter beneficiare di introiti sufficienti a compensare le enormi spese che, nonostante le emergenze, sono state comunque sostenute. Uno dei (tanti) problemi sorti per le Partite Iva durante il periodo pandemico è stato legato all’accesso alle risorse messe a disposizione dallo Stato per consentire ai contribuenti di oltrepassare il blocco dei consumi. Non per tutti gli autonomi, infatti, è stato possibile ricorrere agli aiuti. E questo ha creato una difficoltà tangibile nel mantenere aperta la propria impresa.
Partita Iva e indennità di disoccupazione: quando può essere richiesta la Naspi
La Naspi costituisce il principale strumento di sostegno al reddito per le persone che, in modo indipendente dalla propria volontà, hanno perso la propria occupazione.
Tuttavia, una soluzione esiste. La domanda all’Inps può essere infatti inoltrata dimostrando concretamente il periodo di sospensione della propria attività e, soprattutto, compilando il modulo Naspi.com, nel quale inserire il reddito annuale presunto collegato all’attività svolta. O, in alternativa, quello percepito l’anno precedente. In questo modo, l’Istituto potrà valutare la possibilità di erogare comunque il versamento, tenendo conto però delle condizioni del lavoratore.
Più semplice sarebbe la richiesta preventiva. Ossia, presentare l’istanza entro 30 giorni dall’apertura della Partita Iva. Una volta presentata la documentazione attestante il licenziamento, sarà possibile comunicare all’Inps l’apertura di una Partita Iva, presentando il proprio codice Ateco di riferimento. In questo modo, la Naspi figurerà come un sostegno economico a tutti gli effetti.
Riassumendo…
- Partita Iva e Naspi non sono incompatibili: un lavoratore può farne richiesta sia prima che dopo l’apertura, anche richiedendola tutta in anticipo;
- nel primo caso, basterà una comunicazione entro 30 giorni dall’apertura;
- nel secondo, sarà necessario presentare l’istanza sulla base del reddito percepito l’anno precedente o indicando quello presunto attraverso il modulo Naspi.com.