C’è un numero che va ripetendosi in questi giorni di mercato e mercato: 5%. Questo è il livello a cui stanno tendendo i rendimenti decennali negli Stati Uniti, già superato dal Gilt a 30 anni nel Regno Unito e dal BTp a 10 anni in Italia. Il 5% può sembrare tanto o poco, dipende dal momento storico. Poco più di una decina di anni fa, nessuno ci avrebbe fatto caso. Ma fino agli inizi dello scorso anno, sui mercati obbligazionari i numeri erano diventati assai inferiori.
Il passaggio è traumatico, bene dirlo. Gli interessi sui mutui erano compresi tra l’1% e il 2% poco prima che anche la Banca Centrale Europea iniziasse ad alzare i tassi. Adesso, sono saliti mediamente a ridosso del 4,50%. Naturale che le famiglie soffrano. Peggio accade sul mercato dei prestiti finalizzati, dove i tassi sono letteralmente esplosi. Comprare un’auto è diventato già molto più costoso di suo, a rate diventa un salasso. Ma finalmente il risparmio non è più snobbato.
Esplode costo debiti
Le banche centrali avevano per anni perseguito una politica di repressione finanziaria, finalizzata a contenere i tassi sui debiti pubblici e privati dopo la crisi finanziaria del 2008-’09. Hanno smesso di acquistare bond e hanno alzato il costo del denaro. A questo punto, i debitori si sono ritrovati una domanda molto inferiore per le loro passività, mentre hanno continuato a richiedere liquidità agli stessi ritmi degli anni precedenti o solo meno velocemente. Il risparmio delle famiglie è tornato prezioso.
Il denaro gratis aveva ingenerato l’idea che ci si potesse indebitare indefinitamente e abbondantemente senza rischiare praticamente nulla. In fondo, se le condizioni del mercato fossero rimaste inalterate, sarebbe stato vero. Se come governo mi indebito per migliaia di miliardi e il costo è nullo, non subisco alcuna conseguenza negativa sui conti pubblici. Basterà rinnovare alla scadenza il debito emesso. Nessuno aveva immaginato che i tassi sarebbero schizzati così velocemente, mettendo a repentaglio proprio il rinnovo di tali prestiti e facendone esplodere il costo a bilancio.
Risparmio premiato da fine era denaro gratis
La fine del denaro gratis è una doppia benedizione per il mercato del risparmio. In primis, perché remunera la liquidità a tassi ben maggiori a quelli del recente passato e anche dell’inflazione attesa per i prossimi anni. Secondariamente, perché riporta i governi alla disciplina fiscale. Poiché indebitarsi costa, non si può più calciare il barattolo optando per non scegliere. O si taglia la spesa pubblica o si aumentano le entrate fiscali o entrambe le cose. L’irresponsabilità fatta ricadere per anni e anni sui contribuenti giunge quasi al termine. E poiché il risparmio è generato da quelle stesse famiglie di contribuenti chiamate a risanare i bilanci in rosso degli stati, questa è una buona notizia.
Dicevamo, il passaggio è e sarà traumatico. I tagli ai bilanci pubblici e delle grandi imprese private e il calo dei consumi delle famiglie possono provocare una recessione economica finanche dura. In un certo senso, il mercato si aggiusterebbe da sé, facendo scendere l’inflazione, i tassi e la stessa remunerazione del risparmio, ossia i costi di indebitamento. Ecco perché non bisogna credere che questa fase durerà a lungo. I tassi stanno culminando e dopodiché è verosimile che scendano un po’, pur non tornando ai livelli infimi degli anni passati.