Un inasprimento così veloce delle condizioni monetarie da quando esiste l’euro non c’era stato nell’unione monetaria. Solamente nel luglio dello scorso anno, i tassi di riferimento per la Banca Centrale Europea (BCE) erano a zero, mentre oggi stanno al 4,50%. I rendimenti dei bond erano negativi per gran parte della curva, quando già superano il 3,75% in Germania per le scadenze a sei mesi. E Francoforte non esclude di ritoccare ulteriormente all’insù il costo del denaro, attenendosi ai dati macroeconomici.
Lane è stato accusato di avere ignorato i segnali circa l’arrivo dell’inflazione nell’Eurozona, ritardando l’aumento dei tassi BCE. Rispondendo a specifica domanda, l’uomo sostiene che l’aumento dei prezzi al consumo inizialmente fosse stato generato dal caro energia, mentre negli Stati Uniti fosse la domanda a trainare l’inflazione. E spiega che anticipare di tre mesi la stretta non avrebbe fatto la differenza. Oggi, continua, avremmo grosso modo lo stesso tasso d’inflazione nell’area.
Inflazione ignorata per mesi
Tuttavia, riconosce che egli stesso e i funzionari dell’istituto abbiano appreso la necessità di mostrarsi più umili nella valutazione dei dati raccolti. Insomma, in fondo Lane ammette che qualche errore vi sia stato l’anno scorso. A lui si deve la pessima figura del governatore Christine Lagarde, secondo cui l’inflazione fosse “transitoria”. Pochi mesi dopo, la francese è stata costretta non solo a smentirsi, ma anche a paventare il rischio opposto. Da lì, l’urgenza di alzare i tassi BCE a ritmi serrati.
Lane si mostra fiducioso circa la capacità dell’istituto di centrare il target d’inflazione al 2% entro il 2025. Spiega, a tale riguardo, che difficilmente torneremo ai livelli pre-Covid.
Lane non vede rischi da stop QE
Le dichiarazioni di Lane sono estremamente importanti, perché forniscono indicazioni, pur ancora grossolane, al mercato sulle prospettive di medio-lungo periodo. Indicare tassi BCE futuri in area 2% significa anche offrire un riferimento al comparto obbligazionario. Attualmente, i Bund a 10 anni sono vicini al 3% di rendimento e i BTp di pari durata al 5%. Il capo economista ha chiarito che, se la BCE non fosse credibile sulla capacità di battere l’inflazione, proprio i rendimenti di lungo periodo salirebbero per scontare maggiori aspettative d’inflazione.
Non sembra che queste parole siano servite granché a rasserenare i mercati, se è vero che subito dopo lo spread è risalito sopra 200 punti e che il rendimento decennale italiano superava il 4,90%. Sui tassi BCE esiste sempre il solito problema: la stessa taglia deve andare bene a tutti. Lane non si mostra preoccupato della riduzione del bilancio tramite lo stop ai riacquisti dei bond con il Quantitative Easing. I fatti dicono un’altra cosa. L’Italia ha un enorme debito pubblico da rifinanziare sui mercati e con costi sempre più alti rischia di non farcela. Dunque, il mancato coordinamento tra politica monetaria e fiscale resta il vulnus dell’Eurozona, un’unione monetaria imperfetta e lacunosa.
Previsioni tassi BCE premature
Tornando alla previsione sui futuri tassi BCE di lungo periodo, appare fin troppo prematura.