Argentina, il presidente eletto Milei: “riforme senza gradualismo, la situazione è critica”

Il presidente eletto dell'Argentina, Javier Milei, ha spiegato che le riforme di cui il paese ha bisogno sono urgenti, perché la situazione è grave.
1 anno fa
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Milei è nuovo presidente dell'Argentina
Milei è nuovo presidente dell'Argentina © Licenza Creative Commons

Con il 55,75% dei consensi, Javier Milei è stato eletto presidente dell’Argentina. Battuto nettamente Sergio Massa, che si è fermato al 44,20% e che ha riconosciuto la sconfitta prima ancora che uscissero i dati ufficiali. Il candidato dell’ultra-destra anarco-liberista non ha tradito i pronostici e dal suo quartier generale di Buenos Aires, dove si sono accalcate nella serata di ieri migliaia di sostenitori che intonavano “Libertad”, ha subito fatto presente quale sarà il suo stile di governo. “Per il cambiamento non ci sarà spazio per il gradualismo, perché la situazione dell’Argentina è molto critica”.

Ha altresì aggiunto che “questa è la fine della decadenza dell’Argentina”.

Argentina verso transizione ordinata

Quale sarà la bussola della sua amministrazione lo ha spiegato lo stesso Milei: “più tutela della proprietà, più libertà economica, commercio libero e uno stato meno presente nell’economia”. Ha anche fatto riferimento all’Irlanda quale modello di riferimento per fare dell’Argentina “una potenza mondiale da qui a 35 anni”. Nessun accenno diretto alla dollarizzazione, che è stato il suo cavallo di battaglia più importante nell’immaginario sia nazionale che internazionale. Egli propugna di rimpiazzare i pesos con il dollaro americano e di eliminare la banca centrale per sradicare definitivamente l’inflazione.

Dal canto loro, lo sfidante e ministro dell’Economia, Sergio Massa, e il presidente uscente Alberto Fernandez si sono fatti sentire per invocare una “transizione ordinata” e per fare presente che “da domani (oggi) la responsabilità è di Milei”. Sul punto il presidente eletto ha voluto dire la sua in chiusura di discorso: “fino al 10 dicembre, sarà responsabile il governo in carica”. In quella data, infatti, avverrà il suo insediamento a Casa Rosada.

Dollarizzazione complicata da realizzare

Strascichi polemici a parte, adesso il mondo vuole capire che fine farà la moneta argentina. Sul mercato nero, un dollaro scambia contro 950 pesos. La vittoria di Milei dovrebbe accelerare la caduta del cambio, visto che il nuovo capo dello stato non intende più né sostenere, né portare avanti la stampa delle banconote nazionali.

Tuttavia, da ieri sera i commentatori politici di Buenos Aires facevano notare che la dollarizzazione non sarebbe così facile da implementare. In primis, perché andrebbe contro la Costituzione, nel quale caso andrebbe modificata. Secondariamente, mancherebbero i numeri al Congresso.

Due sono i principali alleati di Milei per i prossimi quattro anni: Patricia Bullrich, la candidata della coalizione di centro-destra, rimasta esclusa dal ballottaggio; Mauricio Macri, già presidente dell’Argentina tra il 2015 e il 2019. Entrambi sono contrari a rimpiazzare i pesos con il dollaro. Potrebbe risultare indispensabile per il nuovo presidente giungere a un compromesso, quale la possibilità per gli argentini di utilizzare sia pesos che dollari per gli scambi interni.

Tagli alla spesa e privatizzazioni

Probabile, in ogni caso, che saranno eliminati i ben quattordici tassi di cambio creati dall’amministrazione peronista uscente e che tante distorsioni stanno provocando nell’economia domestica. La sfida è di quelle epocali. Milei ha ribadito anche nel suo discorso della vittoria che non è possibile procrastinare un sistema per cui la metà della popolazione vive in povertà per favorire pochi, tra cui “la casta politica”. In campagna elettorale si è impegnato a tagliare decisamente la spesa pubblica e a privatizzare le imprese, ma ha smentito di voler cedere sul mercato scuola e sanità.

Sarà interessante capire quali saranno le sue prime mosse di politica internazionale. Egli dovrebbe favorire un riavvicinamento dell’Argentina all’Occidente, mentre con il Brasile di Lula e con la Cina di Xi si prospettano relazioni diplomatiche e forse anche economiche più complicate. La Casa Bianca starebbe festeggiando adesso, se non fosse che Milei venga accostato alla figura di Donald Trump per stile e proposte politiche. I segnali importanti che il mercato cercherà di cogliere da qui all’insediamento saranno essenzialmente due: il nome del prossimo ministro dell’Economia e la trattativa con il Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Milei dovrà evitare il decimo default

L’istituto avanza 44 miliardi di dollari, denaro prestato quando alla presidenza c’era Macri. L’attuale governo ha preteso una proroga nei pagamenti e continua a negoziare per ottenere nuove concessioni. Milei implementerebbe quelle misure che l’FMI sollecita da anni in cambio di condizioni più morbide nella restituzione dei prestiti. Ciò eviterebbe il decimo default nella storia argentina e sarebbe un buon inizio per il nuovo presidente sui mercati finanziari internazionali. Ma il primo colpo nei confronti della popolazione lo dovrà battere sull’inflazione. Le famiglie sono stremate da prezzi esplosi a +140% su base annua. Per questo è stato votato Milei, per realizzare quel cambiamento necessario a porre fine a decenni di politiche che hanno portato solo miseria.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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