Pare che da recenti calcoli dell’Inps, per i trentenni di oggi la pensione rischia davvero di allontanarsi di molto nel tempo. Infatti si parla di future pensioni a 70 anni. L’aspettativa di vita, i ripetuti inasprimenti introdotti dal Governo, le nuove misure e così via, sono i fattori che determinano questo risultato.
Eppure già oggi ci sono contribuenti che per accedere alla loro pensione devono aspettare 71 anni. Parliamo di pensione di vecchiaia naturalmente. Quella che in genere arriva a 67 anni di età.
Contributivi puri: essere esclusi dalla pensione di vecchiaia nonostante i 67 anni di età
Oggi c’è chi a 67 anni di età nonostante il superamento del tetto dei 20 anni di contributi, non può accedere alla pensione. Sono davvero tanti i contribuenti in questa situazione. Contribuenti che non possono andare in quiescenza solo perché hanno un trattamento inferiore a una cifra minima prestabilita. Un tipico esempio è una nostra lettrice che ci scrive:
“Buonasera, mi chiamo Roberta e ho appena compiuto 67 anni. Ho 20 anni di contributi e ho cominciato a versare nel 2002. Tra part-time e stipendi miseri, non posso andare in pensione perché il mio trattamento non arriverebbe a 750 euro al mese. Vi dico questo perché è ciò che mi hanno detto al patronato, secondo cui ho raggiunto i requisiti per la pensione con 67 anni di età e 20 anni di contributi versati ma non raggiungendo l’importo minimo di 1,5 volte l’assegno sociale non posso andare in pensione comunque. Ho letto però da qualche parte che questo vincolo sarà eliminato nel 2024. Quindi chi compie 67 anni l’anno venturo può andare in pensione senza raggiungere un importo dell’assegno così elevato. Non è che rientro anche io?
Pensioni a 70 anni in futuro? Oggi però a 67 anni tutti a riposo, ecco perché l’età diventa giusta
Effettivamente la nostra lettrice ha raggiunto i due requisiti fondamentali per poter andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia.
Ripetiamo, avesse iniziato a lavorare prima, poteva avere diritto alla pensione subito, comprensiva di integrazione al trattamento minimo e maggiorazioni. Cose queste che per i contributivi puri non sono applicate. In pratica, mentre per i misti i trattamenti sono adeguati come importo a un minimo prestabilito, per chi non ha versamenti nel regime retributivo nulla da fare.
Via il limite di 1.5 volte l’assegno sociale dal 2024 per la pensione dei contributivi puri
Nel 2024 però ecco la grande novità appena introdotta dal nostro Governo. Infatti nella legge di Bilancio viene cancellata la limitazione prima citata per i contributivi puri. Stop all’importo minimo della pensione anche per i contributivi puri nel 2024 alla stregua dei lavoratori che ricadono nel regime misto. Il rischio di dover aspettare 71 anni per andare in pensione quindi sarà superato il prossimo anno anche per la nostra lettrice.
Perché parliamo di pensione a 71 anni? Perché effettivamente oggi quelli che non rientrano nell’importo prestabilito della prestazione, in quanto contributivi puri, devono attendere quella età. Solo a 71 anni di età infatti viene meno il vincolo di importo. E gli interessati possono andare in pensione anche solo con 5 anni di contributi.
Pensione a 71 anni come alternativa a quella di vecchiaia a 67 anni
L’alternativa sarebbe quella di provare e riprovare ogni anno che passa, a verificare di essere arrivati al giusto importo della pensione.
La nostra lettrice infatti dovrebbe poter avere accesso alla pensione. Prenderà meno di 750 euro, ma andrà comunque in quiescenza. Si rammenda oltretutto che per il 2024 probabilmente l’assegno sociale salirà di importo. Pertanto la cifra utile quest’anno ai trattamenti di vecchiaia come contributivi, sarebbero variate l’anno venturo.
E per le maggiorazioni sociali e l’integrazione al trattamento minimo nel 2024?
Non è chiaro se questa sorta di equiparazione tra contributivi e misti sia totale o meno. Infatti stando alle regole di pensionamento dei contributivi, la pensione di vecchiaia come detto prima non gode di maggiorazioni sociali e integrazioni al trattamento minimo. Significa di fatto che mentre per chi rientra nel misto, se la pensione è inferiore al trattamento minimo, viene adeguata da cifre aggiuntive collegate ai redditi, per i contributivi tale possibilità non esiste.
In questo caso la nostra lettrice, e chi come lei può accedere comunque alla pensione anche con un importo basso della pensione, percepirà solo ciò che esce fuori dalla trasformazione del montante dei contributi in pensione. A meno che non emergano ulteriori novità che porteranno i trattamenti a essere equiparati tra contributivi e misti anche sulle regole di calcolo per godere di maggiorazioni e trattamenti integrativi.