Quante volte abbiamo sentire dire o letto che il Nord Europa starebbe sussidiando il Sud attraverso le politiche monetarie della Banca Centrale Europea (BCE)? La Germania contestò per anni l’allora governatore Mario Draghi e prima ancora il suo predecessore Jean-Claude Trichet e dopo l’attuale numero uno Christine Lagarde sugli acquisti dei bond. Sarebbero un sostegno palese ai debiti pubblici di paesi come Italia e Spagna. E se vi dicessimo che a fare affari d’oro in questa fase siano le banche tedesche e francesi grazie alla BCE, con costi potenzialmente a carico dei contribuenti del Sud?
Liquidità a fiumi tra QE e aste T-Ltro
Le cose sono andate più o meno così.
Migliaia e migliaia di miliardi di euro entrarono nei bilanci delle banche, affievolendone i problemi di liquidità. Ad un certo punto, questa non solo non era più carente, ma iniziò a risultare in eccesso rispetto alle riserve obbligatorie. E dove va a finire la liquidità in eccesso? Sotto forma di depositi presso la stessa BCE. Finché i tassi su questi depositi erano stati negativi, la principale preoccupazione di Francoforte consisteva nel mitigare i costi a carico degli istituti. S’inventò il “two tier system”, grazie al quale i tassi negativi furono applicati su un ammontare multiplo delle riserve obbligatorie.
Maxi-interessi sui depositi
In poco più di un anno, la BCE ha aumentato i tassi di interesse di 450 punti base. I tassi sui depositi sono schizzati dal -0,50% al 4%. Cosa significa? A differenza degli anni passati, le banche ricevono denaro sulla liquidità in eccesso parcheggiata a Francoforte.
Le sole banche tedesche incidono per un terzo della liquidità in eccesso e, in base ai tassi attuali, otterrebbero sopra 49 miliardi all’anno di interessi. A seguire ci sarebbero le banche francesi con quasi 900 miliardi di depositi e poco meno di 36 miliardi di interessi da incassare su base annua. E le banche italiane? Meno di 210 miliardi di depositi per interessi da riscuotere pari a 8,3 miliardi.
Aumento dei tassi BCE premia banche del Nord
Questi numeri ci dicono che l’aumento dei tassi BCE, doveroso per combattere l’inflazione, si sta traducendo in una grossa redistribuzione a favore delle banche del Nord Europa. E a pagare il conto potremmo essere chiamati prima o poi tutti noi contribuenti dell’area. Gli interessi versati sono per la BCE un costo e finiscono per infliggerle perdite. In teoria, i governi potranno essere chiamati a ripianarle, specie se minacciano il patrimonio netto.
Stiamo parlando di teoria, ma così come teorici sono i discorsi attorno ai costi incombenti sui contribuenti per effetto degli acquisti dei bond. Potremmo concludere che due torti non facciano una ragione. L’essenza del ragionamento è un altro: in Europa si continua a riconoscere e a discutere solamente di un torto, quello presunto subito dai contribuenti del Nord a causa del sostegno ai debiti del Sud. Ve n’è un altro, che riguarda i contribuenti del Sud, chiamati eventualmente a ripianare le perdite per i benefici ottenuti dalle banche del Nord.