Geert Wilders è il vincitore delle elezioni politiche in Olanda. Il suo partito della destra conservatrice ha ottenuto 37 seggi, superando nettamente i 25 seggi conquistati dall’alleanza Laburisti-Verdi di Frans Timmermans, nonché i 24 del Partito Liberale orfano del premier uscente Mark Rutte. Una ventina i seggi della nuova formazione centrista. Pesante il calo per D66, che passa da 24 a 10 seggi. La formazione progressista aveva appoggiato l’esecutivo Rutte. E il movimento degli agricoltori BBB, che aveva sbaragliato gli avversari alle elezioni per il Senato ad inizio anno, si deve accontentare di una manciata di seggi.
Frans Timmermans è stato sconfitto
Se a vincere è stato Wilders, chi ha perso a questo giro? Il Green Deal europeo, il piano ambientale concepito da Bruxelles e fortemente voluto dalle forze politiche di sinistra capeggiate da Timmermans. Egli è stato il numero due della Commissione europea fino a pochi mesi fa. Si era dimesso per guidare il fronte di sinistra alle elezioni olandesi. A tratti, è stato considerato il favorito. Si è rivelato un flop. Ancora più grave la sconfitta, se si pensa che il socialista aveva invitato gli olandesi a votare contro Wilders. E’ accaduto il contrario.
Proprio la destra aveva tuonato contro il Green Deal e le politiche immigrazioniste, che hanno portato alla fine anticipata dell’ultimo governo Rutte. Per l’establishment olandese è stato uno shock assistere alla sua vittoria e lo stesso dicasi per Bruxelles, che si prepara alle elezioni europee della primavera prossima. Il clima sarà il leitmotiv su cui socialisti e ambientalisti cercheranno di raccattare consensi, specie tra i più giovani, reagendo alla forte impopolarità accusata sugli altri fronti.
Sinistra punta sull’ambiente per le elezioni europee
Il fatto che Wilders abbia vinto nettamente le elezioni non significa che per questo diventerà premier o che sarà al governo. L’unica formazione tra le grandi che si mostrerebbe disponibile a trattare un’alleanza è quella dei liberali.
Comunque vada, il segnale è stato chiaro. Il Green Deal non solo non porta voti, ma li fa perdere. E questa antifona sarà stata già compresa dai governi europei, che probabilmente inizieranno a scemare il loro appoggio alle follie ambientaliste più frutto di visioni utopiche che non di ragionamenti scientifici. La sinistra ha sfruttato abilmente i media per imporre la propria agenda, pur essendo minoranza in Europa. Man mano che gli elettori stanno votando, quell’agenda perde un foglio dopo l’altro.
Green Deal smantella industria europea
Parliamo di Green Deal come se fosse il Sacro Graal, ma stiamo trattando di politiche volte a smantellare il modello industriale europeo, colpendo in particolare quello automobilistico, per consegnare le nostre chiavi dell’economia alla Cina. Tutto questo non servirebbe minimamente a ridurre l’inquinamento globale e a combattere i cambiamenti climatici. L’Europa incide sul primo soltanto per il 9% ed è già l’area più virtuosa al mondo su questo tema. L’ambientalismo si rivela una scelta ideologica dannosa per milioni di posti di lavoro.
Tra l’altro, la settimana era iniziata malissimo per i fautori del Green Deal. Nella lontana Argentina a vincere le elezioni presidenziali domenica scorsa è stato Javier Milei, un altro candidato della destra anti-establishment, contrario all’ambientalismo, che sostiene essere la foglia di fico per coprire la vecchia ideologia socialista spesso impresentabile nelle sue vesti ufficiali.