Era l’autunno del 2016 quando il mercato sovrano italiano assistette a un fatto inedito: il Tesoro emetteva il suo primo bond a 50 anni. Data la lunghissima scadenza, esso fu subito ribattezzato “Matusalemme”. Era il BTp con scadenza 1 marzo 2067 e con cedola annua lorda del 2,80% (ISIN: IT0005217390). Il successo dell’operazione fu garantito dall’ambiente di bassissimi tassi imperanti allora sul mercato obbligazionario globale. Gli investitori erano a caccia di rendimento e si spingevano su scadenze sempre più lunghe pur di sfuggire alle perdite certe dei rendimenti negativi sul tratto medio-breve della curva.
Gloria e tonfo del Matusalemme
Diciamoci la verità. Con l’arrivo del nuovo bond a 50 anni e scadenza 2072, il BTp 2067 è stato messo in penombra. Aveva offerto grosse soddisfazioni agli obbligazionisti della prima ora. Esattamente tre anni fa, esibiva una quotazione superiore a 135 sul mercato secondario. Tuttavia, ad ottobre di quest’anno scendeva ai minimi storici sotto 60 centesimi.
Il capitombolo è stato causato dall’inflazione. Inesistente all’emissione, ai massimi da quaranta anni a questa parte a fine 2022. Questo imprevisto ha costretto la Banca Centrale Europea (BCE) ad alzare i tassi di interesse di 450 punti base in appena quattordici mesi. I prezzi dei bond sono precipitati, i rendimenti esplosi. Nelle ultime settimane, però, gli investitori sono tornati ad acquistare bond per scontare un rialzo dei prezzi con l’atteso taglio dei tassi entro pochi mesi. L’inflazione, infatti, sta rientrando in prossimità dei target delle principali banche centrali.
Prezzi in rimonta dai minimi di ottobre
E così oggi il BTp 2067 sfiora i 71 centesimi, offrendo un rendimento lordo in area 4,35% per Borsa Italiana. In un mese e mezzo, questo titolo ha messo a segno una crescita di circa il 19%, al netto della componente cedolare. Praticamente, chi lo avesse acquistato ai minimi di ottobre, oggi avrebbe incassato quasi il 20% lordo. E non sembra finita qui.
Il mercato sta scontando un costo del denaro in calo dell’1,50% da qui ad un anno. Immaginiamo che ciò si traduca in una discesa di pari entità per il rendimento del BTp 2067. A fronte di una duration modificata di 20,65, il prezzo a cui il titolo tenderebbe sarebbe di circa 93 centesimi. Un balzo di oltre il 30%. Tuttavia, questo avverrebbe nel caso in cui ad oggi il prezzo non avesse incorporato minimamente tale prospettiva. Possibile? Dai minimi di ottobre, il rendimento è sceso proprio dell’1,50%. Sembrerebbe che il mercato si sia già riposizionato.
BTp 2067, prospettive guardando al passato
Questo non significa, però, che non siano possibili ulteriori guadagni futuri. Anzitutto, perché non è affatto detto che ai minimi di ottobre il BTp 2067 stesse correttamente rispecchiando le condizioni monetarie attese. Ricordiamoci che allora lo spread decennale arrivò a sfiorare i 210 punti base, mentre oggi giace appena sotto i 175 punti. Questa contrazione ci dice che è sceso il rischio sovrano percepito. E ha ulteriori margini di discesa con il taglio dei tassi, dati i rendimenti ben minori vigenti nel resto del Sud Europa.
Non è neanche detto che il mercato stia scontando con esattezza quanto accadrà nei prossimi trimestri. Se il taglio dei tassi BCE risulterà inferiore alle attese, i prezzi subiranno una correzione. Se, invece, saranno più corposi, continueranno a salire. Al di là di tutto, il BTp 2067 sta offrendo al momento un rendimento dello 0,35% più alto del decennale. All’atto dell’emissione, tale premio era dell’1,50%. E dall’ottobre del 2016 ad oggi, la scadenza a 50 anni ha sovrastato quella a 10 anni in media dello 0,85%. Ciò ci porta a guardare con cautela al ritorno a condizioni monetarie più espansive. Se da un lato i prezzi anche del primo Matusalemme risaliranno con il calo dei rendimenti, dall’altro questo potrebbe risultare più lento di quanto previsto.