C’era un tempo in cui il sindacato italiano si batteva contro ogni ipotesi di salario minimo. E lo faceva sulla base della giusta considerazione per cui una legge che regolasse i livelli retributivi minimi finirebbe per indebolire il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori. Non appena al governo è arrivato il centro-destra, i sindacati e la sinistra italiana hanno cambiato curiosamente idea. Adesso, il Partito Democratico marcato Elly Schlein pretende che gli avversari facciano ciò che non seppe e non volle fare esso stesso nei dieci anni alla guida dell’Italia tra fine 2011 e ottobre 2022 con l’interruzione tra giugno 2018 e settembre 2019.
In realtà, sul salario minimo Schlein si è trovata costretta ad inseguire Giuseppe Conte. Il leader del Movimento 5 Stelle si è riposizionato a sinistra sin dalle ultime elezioni politiche. Ha fiutato il vuoto di consenso e ideale che impera da quelle parti da ormai troppi anni. Ormai non è più nelle vesti dell’alleato della Lega di Matteo Salvini, in cui debuttò politicamente cinque anni e mezzo fa. Pretende di diventare il leader dei progressisti italiani battendo sul tasto dell’assistenzialismo, cosa che il PD non ha mai voluto e saputo fare sin dalla sua nascita.
Salario minimo battaglia per serrare i ranghi a sinistra
A dargli manforte è da mesi la Cgil di Maurizio Landini. Il segretario confederale ha proclamato una serie di scioperi contro il governo, non si sa bene su cosa. Sono stati un flop tra basse adesioni e scontro con il governo sul rispetto delle regole. Il PD lo ha appoggiato nelle sue rivendicazioni, specie sul salario minimo. Tuttavia, non ha guadagnato alcunché in termini di consenso. Anzi, a neanche dieci mesi dalla vittoria alle primarie, Schlein sembra politicamente una stella cadente.
La prima donna alla guida del Nazareno sarà testata seriamente alle elezioni europee di primavera prossima. Saranno il primo test nazionale dalle politiche per valutare lo stato di salute dei partiti e dei rispettivi leader.
Landini al posto di Schlein dopo europee?
Ma Landini punterebbe al Nazareno nel caso di flop alle europee di Schlein. La giovane segretaria non sta realizzando che, sposando la battaglia sul salario minimo, sta spostando i riflettori sul leader della Cgil e spegnendoli su di sé. Il tema è trasversale a tutto il centro-sinistra e al sindacato, per cui il PD non ne sta cavando un ragno dal buco. E’ arrivato tardi e non convinto su una misura che avrebbe potuto varare negli anni di governo, quando preferì il Jobs Act alle tutele e i tagli agli investimenti pubblici, sanità compresa.
La compagna Elly è già finita nel mirino del suo stesso partito, stanco della sua incapacità di incidere sul dibattito politico. Il suo è un movimentismo sterile, giovanilista, poco concreto, ideologico e, soprattutto, radicale. Capicorrente come Dario Franceschini l’hanno sostenuta a suo tempo per salvare il PD dal rischio implosione a favore dei 5 Stelle. Pensavano e speravano che un volto fresco e femminile avrebbe potuto attirare consensi. Non è accaduto. Alle varie tornate elettorali locali, l’astensionismo si è confermato essere diventato un fenomeno di sinistra. Era stato sempre di destra. E il salario minimo non scalda i cuori dell’elettorato piddino, tra cui gli operai scarseggiano, figuriamoci quelli a basso reddito.