I tassi d’interesse elevanti non fanno bene al mercato immobiliare. L’ostinatezza delle banche centrali, in particolare delle Bce, di combattere l’inflazione alzando in maniera violenta il costo del denaro sta creando grossi problemi alle compravendite di case in Italia. Paese notoriamente caratterizzato da un’alta percentuale di immobili per abitante.
I primi segnali di allarme che stanno mettendo a dura prova la tenuta del mercato immobiliare arrivano dal Consiglio Nazionale del Notariato. L’organismo, basandosi su dati statistici, evidenzia come le compravendite sono diminuite del 8,7% rispetto al 2022, anno già in tendenziale calo.
Da Lehman Borthers a Signa, trema il mercato immobiliare
Ma quello dei notai non è l’unico campanello d’allarme. Preoccupazioni arrivano anche dal settore bancario che, anche se non apertamente, comincia a entrare in sofferenza per morosità nel pagamento delle rate sui mutui da parte della clientela. Soprattutto in Italia dove i salari non crescono da anni e l’impatto dell’inflazione è stato più pesante, data la pressione fiscale superiore alla media europea.
Uno scenario che riflette quanto sta accadendo negli Stati Uniti dove i tassi ipotecari sono ai livelli più alti degli ultimi 23 anni e le vendite di case sono ai minimi dal periodo della crisi dei mutui subprime. Per quest’anno – secondo le stime – le vendite totali di case esistenti negli USA raggiungeranno approssimativamente 4,1 milioni, il numero più basso dal 2008, anno in cui Lehman Brothers collassò, scatenando la crisi finanziaria globale.
Ma anche l’Europa potrebbe avere la sua Lehman Brothers. Si chiama Signa Group, poco conosciuta in Italia, ma è la più grande società immobiliare austriaca con un patrimonio di oltre 27 miliardi di euro con ramificazioni anche da noi.
Banche in sofferenza nonostante gli utili
Il crac di Signa non è certo paragonabile a quello degli imperi immobiliari cinesi Evergrande e Country Garden. Ma mentre per questi ultimi il problema resta confinato a oriente, Signa potrebbe rappresentare la punta dell’iceberg di un problema che rischia di allargarsi a macchia d’olio in Europa. Coinvolti sono diversi gruppi bancari importanti, come UBS, Julius Baer, molte banche tedesche e Unicredit da noi.
Se le banche saranno costrette a mettere a bilancio altri crediti non esigibili, difficilmente potranno concedere ulteriori prestiti anche a clienti affidabili. E gli utili record finora fatti grazie all’impennata dei tassi rischiano di diventare un fuoco di paglia per compensare perdite future. Con buona pace di chi ha scommesso sul recupero dei corsi azionari delle banche e delle società immobiliari costrette ad accantonare utili.
Mercato immobiliare a picco in tutte le grandi città
Sicché, la contrazione significativa dei mutui sta mandando a picco le compravendite di case in tutta Italia. I cali dei prestiti, rispetto a un anno fa, non sono uniformi, ma a macchia di leopardo. Le città più colpite sono Palermo (-33,6%), Firenze (-32,6%) e Torino (-31,5%). Anche se i valori sono relativamente più bassi, si rilevano cali significativi a Verona (-25,6%), Milano (-26,4%) e Bari (-28%).
Di conseguenza, anche le compravendite di immobili restano negative. Fa specie Milano, regina del mercato immobiliare, accusare una diminuzione su base annua del 8,4%. Segno evidente di una crisi che sta cominciando a mordere più del previsto con rischi per la tenuta del sistema, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa.
Cartina tornasole in questo momento sono le quotazioni dei titoli azionari delle società attive nel mercato immobiliare quotate a Piazza Affari. Mutuionline, ad esempio, ha perso più del 50% dai massimi dello scorso anno. Brioschi è calata del 35% nello stesso arco di tempo, così come Gabetti (-42%), Risanamento (-73%), Bastogi (-38%) e Italmobiliare (-11%).