Opzione Donna è stata prorogata anche per il 2024, ma sarà più penalizzante ancora. Non basterà più, infatti, aver compiuto 60 anni, ma ne servirà uno in più per poter beneficiare dell’uscita anticipata con 35 anni di contributi. La misura che per 10 anni ha riscosso ampio successo fra le lavoratrici è quindi diventata una prerogativa per pochissime elette.
Non solo per via dell’età anagrafica richiesta come requisito principale, ma anche per via dell’appartenenza a determinate categorie sociali che fino al 2022 non erano previste.
Opzione Donna 2024 più penalizzante
Chi potrà andare in pensione con Opzione Donna nel 2024, quindi, dovrà mettere in conto che l’età anagrafica sarà più alta rispetto al 2023. Oltre ad avere almeno 35 anni di contributi versati. E tendenzialmente la misura non è più conveniente per le lavoratrici al netto dei tempi di attesa della pensione.
Bisogna infatti considerare che per caregiver, invalide, disoccupate a seguito di licenziamento o dipendenti di aziende in crisi i tempi di attesa della pensione sono di 12 mesi (18 per le autonome). Quindi, a conti fatti, si inizia a percepire la rendita solo a partire da 62 anni di età. E con un assegno che è calcolato intermanete con il metondo contributivo e non misto come avviene per le pensioni ordinarie.
Tutto quanto risulta particolarmente penalizzante se si mette a confronto Opzione Donna riformata con Ape Sociale, l’altra via di pensionamento anticipato riservato a invalidi, caregiver, disoccupati o dipendenti di aziende in crisi. Con Ape Sociale si può infatti andare in pensione a 63 anni, ma l’assegno, calcolato col sistema misto, decorre dal primo giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti.
Quanto si perde di pensione con Opzione Donna
Opzione Donna è stata oggetto di numerose critiche, in particolare per la penalizzazione che comporta sul trattamento pensionistico. Infatti, la pensione calcolata con l’opzione donna è calcolata secondo il sistema contributivo, che prevede un calcolo dell’assegno basato esclusivamente sui contributi versati, senza considerare l’anzianità di servizio.
Tuttavia, è opportuno precisare che la penalizzazione della pensione con Opzione Donna scaturisce più dall’età di uscita che nemmeno dal metodo di calcolo della prestazione col sistema interamente contributivo.
Tutto sommato, quindi, la penalizzazione può arrivare al 35% dell’importo della pensione, a seconda dell’età di accesso e del numero di contributi versati. Inoltre, la penalizzazione è cumulativa, ovvero aumenta per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia. Ad esempio, una lavoratrice che accede alla pensione con l’opzione donna a 61 anni, anziché a 67 anni, subirà una penalizzazione del 27%. Se accede alla pensione a 63 anni, la penalizzazione sarà del 21%, e così via.
In considerazione di queste penalizzazioni, l’opzione donna è considerata una misura penalizzante per le donne, che devono valutare attentamente i costi e i benefici prima di decidere di aderirvi. In particolare, le donne devono considerare i seguenti fattori:
- l’importo della pensione che riceveranno con l’opzione donna, dopo aver applicato la penalizzazione;
- la differenza di importo tra la pensione con l’opzione donna e la pensione di vecchiaia, che otterrebbero se continuassero a lavorare fino all’età prevista;
- il costo della vita, che può aumentare nel corso del tempo.
Le donne che decidono di aderire all’opzione donna devono essere consapevoli dei rischi e dei benefici della misura, e devono valutare attentamente la propria situazione personale prima di prendere una decisione.
Riassumendo…
- Dal 2024 Opzione Donna diventa ancora più penalizzante rispetto al 2023.
- Per andare in pensione le lavoratrici devono avere almeno 61 anni di età.
- I tempi di attesa della pensione sono di 12 mesi e l’assegno è calcolato interamente col sistema contributivo.