Giornata estremamente positiva per i titoli di stato nell’Eurozona e, in particolare, per i nostri BTp. Il rendimento decennale è arrivato a scendere sotto il 3,75%, perdendo circa un quarto di punto percentuale. E lo spread si è portato sotto 170 punti base o 1,70%. Viaggiava a quasi 210 punti meno di due mesi fa. La Banca Centrale Europea (BCE) ha mantenuto i tassi di interesse invariati all’ultimo board dell’anno, come da attese. Al contempo, ha annunciato il taglio dei bond riacquistati con il Pepp.
Taglio riacquisti Pepp
A conti fatti, i minori acquisti ammonteranno sopra 110 miliardi. Il mercato obbligazionario non l’ha presa male, avendo colto positivamente lo stop definitivo all’aumento dei tassi di interesse. Eppure sul Pepp si è rischiato l’incidente per la soluta confusione che la BCE è capace di generare. Soltanto una settimana prima, la tedesca Isabel Schnabel, che è consigliere esecutivo del board, dichiarava che sul programma si sarebbe aperto un dibattito “in un futuro non lontano”.
Possiamo discutere certamente sul significato di queste parole, ma certo che una settimana di tempo non possa considerarsi “futuro non lontano”. La BCE non aveva preparato il mercato ad una svolta simile, che effettivamente un po’ tutti si aspettavano sarebbe stata annunciata nei primi mesi del 2024 e magari ieri si sarebbe aperto formalmente solo il dibattito.
Nuove proiezioni macro
Le proiezioni macroeconomiche sono state riviste al ribasso su inflazione e PIL nell’Eurozona rispetto al settembre passato. Nell’ordine, inflazione, inflazione core e PIL:
- 2023: 5,4% (5%) — +0,6%
- 2024: 2,7% (2,7%) — +0,8%
- 2025: 2,1% (2,3%) — +1,5%
- 2026: 1,9% (2,1%) — +1,5%
Formalmente, il target d’inflazione al 2% sarà centrato nel corso del 2025. La BCE si aspetta che torni a salire dopo la discesa al 2,4% a novembre.
E’ evidente che si sia trattato di un baratto tra “falchi” e “colombe”: stop all’aumento dei tassi in cambio della fine anticipata del Pepp. Il punto è che sul piano della politica monetaria questo scambio ha poco senso. Poiché è quasi certo che nel corso del 2024 ci sarà il taglio dei tassi BCE, a quel punto avremo una situazione a dir poco confusa. Da un lato il costo del denaro scenderà, dall’altro Francoforte lo sosterrà attraverso minori acquisti di bond. Come dire che un automobilista cerchi di frenare e accelerare allo stesso tempo.
Comunicazione BCE confusa
Ma, ripetiamo, il vero problema emerso dal board di ieri è che la strategia comunicativa della BCE fa acqua da tutte le parti. Così come l’istituto passò in quattro e quattr’otto dal definire l’inflazione un fenomeno “transitorio” a lanciare l’allarme carovita, adesso sta segnalando ai mercati che ritiene adeguate le misure sin qui adottate per centrare la stabilità dei prezzi e al contempo insufficienti, visto che tra poco più di sei mesi accelererà la riduzione del bilancio.
Se ci pensiamo, qualcosa di simile è accaduto con la fine degli acquisti condotti con il Quantitative Easing. In teoria, sarebbe dovuta arrivare dopo un “periodo congruo” dall’inizio dell’aumento dei tassi, ufficiosamente considerato di circa sei mesi. Invece, il programma cessò nello stesso mese in cui fu avviata la stretta monetaria, vale a dire nel luglio del 2022. Vero è che nei mesi precedenti gli acquisti netti erano stati gradualmente ridotti.