Con l’arrivo del 2024 sono passati venticinque anni dalla nascita ufficiale dell’euro. Era l’1 gennaio del 1999 quando il valore della lira italiana diventava irreversibilmente fisso contro quello di altre undici valute europee. La moneta unica debuttava come unità di conto, anche se avremmo iniziato ad usarla solo tre anni più tardi per i pagamenti con banconote e monetine. Gli euro-scettici, che in Italia hanno dato voce a una grossa fetta della società negli ultimi quindici anni, da sempre ritengono l’unione monetaria un freno per la nostra economia, in quanto colpirebbe le esportazioni.
Euro e globalizzazione fattori di crescita
E se vi dicessimo che sotto l’euro le esportazioni italiane non hanno fatto che aumentare, triplicando in valore assoluto? Nei primi dieci mesi del 2023, si sono attestate a 523 miliardi di euro, superando di 24,9 miliardi il valore delle importazioni. Nei dodici mesi, sono salite a 632,6 miliardi. E si stima che nell’intero 2023 supereranno la cifra record dei 660 miliardi. Viaggiavano intorno ai 220 miliardi all’anno quando nacque l’euro.
Grazie a questa performance, l’incidenza delle esportazioni sul PIL sono salite da meno del 20% a un terzo. Certo, c’è da dire che una simile dinamica l’hanno registrata le esportazioni, passate dal 17% ad oltre il 30% atteso nel 2023. Nel 2022 esplodevano al 34% per effetto del caro energia, essendo l’Italia un paese importatore di petrolio e gas.
Cosa avrebbe sostenuto le esportazioni italiane con la nascita dell’euro? La stessa moneta unica ha abbattuto una barriera non marginale tra le economie che l’hanno adottata. E questo ha certamente contribuito a far vendere ciascuna di esse di più nelle altre. Più in generale, poi, negli ultimi trenta anni è stata la globalizzazione ad avere rafforzato le relazioni commerciali tra gli stati: dazi più bassi, barriere non tariffarie meno intense, accordi specifici per il libero scambio, armonizzazione normativa, ecc.
Esportazioni traino per PIL italiano
Infine, non possiamo non prendere atto che le imprese italiane siano state costrette a fare i conti con una realtà mutata. Erano abituate a vendere all’estero fino agli anni Novanta grazie alla lira debole. Invece, le esportazioni oggi sono trainate dall’innovazione di prodotto e dal marketing. In un certo senso, le imprese italiane rimaste sul mercato con l’euro sono diminuite, ma diventate più forti. Una selezione naturale, diremmo.
Le esportazioni trainano da tempo la pur debole crescita dell’economia italiana. Sono cresciute con l’euro al ritmo medio del 4,5% all’anno, quasi il doppio del PIL. E il saldo attivo della bilancia commerciale ormai equivale al 2,5-3% del PIL all’anno. Nel 2023, dovrebbe essere risalito in area 1,5% dal -1,75% accusato nell’anno precedente.