Agli inizi di dicembre, la Città Metropolitana di Istanbul emise un bond in dollari per 715 milioni (ISIN: XS2730249997). Un’obbligazione che fece rumore. Per prima cosa, perché arrivava da un’economia emergente sotto le lenti dei mercati per via della svolta in politica economica con la rielezione del presidente Erdogan nel maggio scorso. E, soprattutto, perché offre una maxi-cedola fissa lorda del 10,50% all’anno. Altissima per una scadenza quinquennale. La data di rimborso sarà il 6 dicembre del 2028.
Rendimento del 6% da inizio dicembre
L’alto rendimento corrisponde, com’è ovvio, ad un alto rischio di credito.
Ma ieri il bond di Istanbul risultava salito ad una quotazione di 105, segnando un aumento del 5% dall’emissione. Chi lo avesse acquistato in quella fase, avrebbe maturato nel frattempo anche una cedola pari all’1,25% del capitale. E il cambio euro-dollaro è rimasto grosso modo stabile da allora, salendo dello 0,3%. Dunque, l’effetto cambio ha comportato un leggero calo del rendimento complessivo, ma che resta pur sempre del 6%.
Spread bond Istanbul in calo
A questi prezzi, il rendimento del bond in dollari è sceso al 9,45%. Un 1% abbondante più basso rispetto all’emissione, niente male! E in queste sei settimane, lo spread con il bond turco di pari durata si è ristretto da 260 a 235 punti base. Lo stesso è accaduto con il T-bond degli Stati Uniti, passando da quasi 640 a poco più di 540 punti base. In pratica, il rendimento è diminuito più di quanto non abbiano fatto sia la scadenza sovrana turca che quella statunitense.
In effetti, nel complesso è tutta la Turchia a beneficiare dei recenti upgrade dei suoi rating. Rispetto alla data di emissione i CDS a 5 anni, che assicurano contro il default, sono scesi di quasi mezzo punto percentuale a 304 punti base. L’apice era stato raggiunto nel 2022 a più di 900 punti. Esistono ulteriori margini di miglioramento per il bond di Istanbul. Sui mercati sarà sempre più caccia al rendimento nei prossimi mesi, quando le principali banche centrali avvieranno il taglio dei tassi di interesse, pur scontato. Sempre che, ovviamente, le tensioni geopolitiche non rifaranno affluire i capitali verso i centri finanziari più avanzati e percepiti più sicuri.