Non si placa l’attenzione su Chiara Ferragni. Anche la sua collaborazione con Oreo nel 2020 è oggetto di richiesta di Codacons all’Antitrust per verificare l’effettiva beneficenza promessa “al 100″ del ricavato” dalla vendita di “Capsule collection limited edition Chiara Ferragni by Oreo”. Ma è sulla figura dell’influencer in sé che si sono accesi i riflettori di media e opinione pubblica. E l’authority è intervenuta nei giorni scorsi con la pubblicazione di linee guida volte a regolamentarne l’attività.
Linee guida Antitrust, a chi si rivolgono
Esse si rivolgono a tutti coloro che sui social media abbiano almeno 1 milione di follower, sommando le iscrizioni a tutte le piattaforme.
Gli influencer che posseggano tutti e tre i suddetti requisiti dovranno sottostare a determinate regole. In sintesi, non potranno istigare all’odio, alla discriminazione, né responsabilizzare in qualche modo la vittima di un reato. Dovranno altresì attenersi ai principi di corretta rappresentazione della donna, ai sensi della delibera AGCOM n.442/17/CONS. Non potranno pubblicare contenuti nocivi allo sviluppo fisico, psichico e morale dei minori.
Stop a pubblicità subliminale
Ma la parte più innovativa e interessante riguarda il divieto di pubblicità subliminale. I contenuti sponsorizzati dovranno recare dicitura chiara e “in modo immediatamente riconoscibile” circa la loro natura commerciale. Le violazioni saranno sanzionate per importi che vanno da 10.000 a 250.000 euro, mentre se riguardano la tutela dei minori le comminazioni vanno da 30.000 a 600.000 euro.
Infine, in capo agli influencer ricade la cosiddetta “responsabilità editoriale”. La loro attività sarà assimilata sostanzialmente a quella dei giornali e per questo non sarà possibile postare contenuti non provati e tese alla “disinformazione”, sprovviste di fonti e di obiettività.
Attività influencer ingessata
L’Antitrust ha preso atto che gli influencer con maggiore seguito abbiano un forte impatto sull’opinione pubblica e il rischio di manipolazione attraverso i social media sarebbe, quindi, elevato. D’altra parte, inserire in un post la dicitura che si tratti di un contenuto sponsorizzato lo rende forse meno genuino e dal minore impatto in termini promozionali. Chissà quanti influencer minori in questi giorni staranno inveendo contro Ferragni per avere scoperchiato il vaso di Pandora (o “pandoro”, nello specifico) e portato a una regolamentazione del loro business!
Probabile che nel prossimo avvenire ci saranno regole anche in relazione a contenuti legati alla beneficenza. E’ da questo tema che sono scaturiti i guai per la più importante influencer italiana, che ha avuto il demerito di avere fatto confusione tra affari e donazioni. Se il giudice accertasse una certa sistematicità nell’applicazione dello schema “pandoro” ad altre iniziative, sarebbe un gran brutto pasticcio per Ferragni. Ma siamo solo agli inizi di una vicenda giudiziaria che sarà verosimilmente non breve. E le sentenze le emettono solo i tribunali, non le pubbliche piazze, fisiche o virtuali che siano.