E’ andata meglio del previsto con i conti di Banca Unicredit, approvati ieri dal Consiglio di amministrazione convocato in seduta straordinaria. Ed è raro che una società riunisca il board di domenica, un fatto che ha attirato le attenzioni degli analisti per un suo possibile significato a proposito del risiko bancario a cui si darebbe vita nel 2024. L’amministratore delegato Andrea Orcel ha annunciato che l’esercizio 2023 si è chiuso con utili netti per 8,6 miliardi di euro, superiori ai 7,9 miliardi del consensus e in crescita di oltre il 50% rispetto al 2022.
Conti Unicredit da record
E la notizia che probabilmente gli azionisti stavano seguendo di più era un’altra, ossia la distribuzione del dividendo. Orcel ha reso noto che sarà pari al 100% degli utili maturati, per l’appunto di 8,6 miliardi. E quest’anno, tra dividendi e buyback azionari, Unicredit conta di distribuire agli azionisti altri 10 miliardi, di cui il dividendo equivarrà a un rendimento del 10%.
L’approvazione dei conti Unicredit cadeva a distanza esatta di tre anni dalla nomina di Orcel a capo della banca. Era il 28 gennaio del 2021 quando il board proponeva il suo nome. Da allora, le azioni Unicredit in borsa sono esplose del 250%, portando la capitalizzazione a 47,50 miliardi. In questo triennio, gli utili sono stati pari a 15,3 miliardi e a favore degli azionisti sono stati distribuiti ben 17,6 miliardi. Ricordiamo che il manager ereditava un rosso di 2,8 miliardi sul 2020, sebbene fosse conseguenza del periodo particolarmente negativo legato alla pandemia.
Monte Paschi torna nel mirino?
Orcel ha avuto certamente la fortuna dalla sua. Unicredit si è giovata, come peraltro tutte le altre banche europee, dell’aumento dei tassi di interesse. Il suo margine è lievitato, consentendo all’istituto di produrre utili sempre più alti. Ma la sua è stata anche una gestione molto accorta delle risorse. Nell’ottobre del 2021 ebbe il coraggio di alzarsi dal tavolo, dopo essere entrato nella “data room” di Monte Paschi di Siena, per rinunciarne all’acquisizione e scombinare i piani dell’allora premier Mario Draghi.
Proprio MPS torna ad essere nel mirino del mercato. La banca senese è tornata all’utile e probabilmente quest’anno staccherà il suo primo dividendo dopo numerosi anni di crisi. In borsa, vale più di 4 miliardi. Il Tesoro ne possiede il 39,24% del capitale dopo la vendita del 25% avvenuta a novembre. Sarà l’Unicredit di Orcel ancora una volta la pretendente? Sinora è stato un coro di “no” da Piazza Gae Aulenti. Ma rispetto al 2021 sono cambiate tante cose. In primis, la banca è stata risanata dalla zavorra dei crediti deteriorati e anche i rischi legali sono stati di molto ridimensionati.
E Unicredit al 30 settembre scorso deteneva liquidità per 12 miliardi, risorse che avrebbe senso impiegare per espandersi o, comunque, per aumentare la capacità di fare business. C’è un’altra ragione che emerge dai numeri e che porta alla pista delle acquisizioni. Da quando Orcel è stato nominato Ad, dicevamo, le azioni Unicredit si sono impennate in borsa del 250%. Allora, la capitalizzazione valeva meno del 40% di quella di Intesa Sanpaolo, prima banca italiana. Adesso, le distanze tra i due gruppi sono state quasi del tutto colmate: -8%.
Azioni Unicredit rilanciano risiko bancario
Attualmente, un’azione Unicredit equivale a 8,25 azioni MPS in termini di prezzo. Tre anni fa, il rapporto era ancora di 3,50. Orcel potrebbe rilevare l’intera quota del Tesoro in Siena per poco più di 1,60 miliardi, corrispondenti al 3,4% del valore di borsa di Unicredit di venerdì scorso o, se vogliamo, a meno di un settimo della liquidità disponibile.
Anche nel confronto internazionale l’Unicredit di Orcel ha guadagnato molti punti. Oggi, capitalizza quasi il 74% di Bnp Paribas, 2,56 volte Société Générale, oltre il 76% di Santander e quasi il doppio di Deutsche Bank.
E se è vero che i tassi di interesse inizieranno a calare da quest’anno, ancora per il 2024 Orcel stima utili netti in perfetta linea con l’anno passato, sempre a 8,6 miliardi. Certo, in compenso sono stati ridotti i titoli di stato italiani in portafoglio, che al 31 dicembre scorso ammontavano a poco più di 41 miliardi contro 58 miliardi nel 2018 e 56 nel 2019, anche se nell’era Orcel sono rimasti sostanzialmente invariati come importo. Proprio con il calo atteso dei tassi Unicredit e le altre banche italiane potrebbero trovare più conveniente tornare ad investire in BTp per guadagnare dal loro apprezzamento, specie sul tratto lungo della curva.