Dal 2025 il taglio dell’Irpef riguarderà i redditi sopra 50 mila euro, è caccia alle coperture

Il taglio dell'Irpef nel 2025 riguarderebbe i redditi rientranti nel terzo scaglione, a partire dai 50.000 euro e con aliquota attuale al 43%.
10 mesi fa
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Taglio Irpef sopra 50.000 euro
Taglio Irpef sopra 50.000 euro © Licenza Creative Commons

Questi sono i primi giorni in cui i contribuenti italiani inizieranno a percepire gli effetti della riforma fiscale voluta dal governo Meloni ed entrata in vigore dallo scorso 1 gennaio. Essa comprende il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef per i redditi fino a 35.000 euro. I contributi previdenziali sono stati abbassati fino a tutto quest’anno del 7% ai lavoratori dipendenti con redditi lordi fino a 25.000 euro all’anno, del 6% tra 25.001 e 35.000 euro. E le aliquote Irpef sono scese da quattro a tre.

La prima e la seconda sono state fuse e ricomprese entrambe sotto l’aliquota del 23%. Il beneficio arriva a 260 euro all’anno per coloro che dichiarano 28.000 euro. Sopra tale cifra e fino a 50.000 euro resta in vigore la seconda aliquota del 35% e sopra 50.000 euro la terza del 43%.

Il governo spera nella lotta all’evasione fiscale

La riforma fiscale è stata costosa e, tuttavia, non ha ad oggi coperture finanziarie strutturali. Significa che a settembre, quando il governo dovrà mettere mano alla prossima legge di Bilancio, per confermare i tagli suddetti dovranno essere reperiti in tutto altri 14 miliardi. A tanto ammonta il costo delle due misure, di cui 10 miliardi per il taglio del cuneo fiscale e 4 miliardi per il taglio dell’Irpef.

Il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, nei giorni scorsi aveva fatto parlare di sé con l’annuncio dell’utilizzo dei social per stanare gli evasori fiscali. Il ricorso al data scraping aiuterebbe l’Agenzia delle Entrate a capire il reale tenore di vita di coloro che non avranno aderito al concordato preventivo biennale e i cui redditi dichiarati appariranno incongrui. L’obiettivo per l’esponente di Fratelli d’Italia consiste nell’utilizzare le risorse ottenute dalla lotta all’evasione fiscale per finanziare il prossimo taglio dell’Irpef.

Taglio Irpef dal 2025 sopra 50.000 euro

Dal 2025, ha aggiunto questa settimana Leo, l’abbattimento della pressione fiscale dovrà riguardare i redditi più alti, coloro che dichiarano almeno 50.000 euro e che sinora sono rimasti esclusi, non senza polemiche, dai benefici della riforma attuale.

A loro non si applica nemmeno il taglio del cuneo fiscale e, anzi, da quest’anno subiranno una decurtazione forfetaria delle detrazioni di 260 euro. L’importo mira ad azzerare il possibile beneficio derivante dal taglio dell’Irpef sui redditi tra 15.000 e 28.000 euro.

Leo riconosce che sia ingiusto far pagare così tanto a chi dichiara redditi, tutto sommato, neppure così alti. Anche perché ciò, spiega, incentiva ad evadere il fisco. Secondo le statistiche ufficiali, coloro che dichiarano almeno 35.000 euro lordi all’anno (circa 1.800 euro netti al mese) sono il 14% scarso dei contribuenti e versano il 60% del gettito Irpef. Nessuna riforma fiscale sarà mai efficace, se li escluderà dai benefici. E non è neanche corretto che chi porta avanti la baracca, non veda mai un briciolo di gratitudine dallo stato.

Caccia alle coperture finanziarie

Il problema sta nei numeri. Poiché circa 120 dei 200 miliardi di gettito Irpef nazionale proviene dai redditi sopra 35.000 euro, tagliare loro l’aliquota risulta costoso e a fronte di un beneficio elettorale insoddisfacente. In effetti, ad essere eventualmente grati al governo sarebbero in pochi, ma assorbirebbero molte risorse. E’ il noto conflitto tra libertà economica (e non solo) e democrazia. Vince la maggioranza, cioè chi di tasse ne paga poche o niente e richiede servizi pubblici in quantità e qualità sempre maggiori.

Il concordato preventivo biennale dovrebbe far introitare allo stato non meno di 1,8 miliardi all’anno in più. In verità, questo sarebbe stato l’extra-gettito con le condizioni più restrittive inizialmente fissate per accedere alla misura. Prevedibile che, essendo stata prevista quasi per le partite iva prive di debiti tributari, le entrate supplementari saranno maggiori. Il dato esatto si conoscerà dopo il 15 ottobre, data entro cui i contribuenti dovranno accettare o meno la proposta del fisco.

Diverse possibili soluzioni

Comunque sia, non basteranno queste risorse per finanziare il taglio dell’Irpef sui redditi più alti in misura corposa. Anche se le soluzioni tecniche sarebbero diverse. Una consisterebbe nel dilatare il secondo scaglione, che oggi va dai 35 e arriva a 50 mila euro, portandolo a livelli più alti. Fino al 2021, ad esempio, l’aliquota del 43% scattava dai 75.000 euro. Un buon punto di partenza sarebbe di riportarla da quel livello, a fronte di (minori) aliquote inferiori già fissate sui redditi medio-bassi. Un’alternativa sarebbe di mantenere gli attuali scaglioni, ma abbassando l’aliquota del 43%. A quanto? L’ottimo sarebbe scendere sotto il 40%. Fungerebbe da segnale positivo per i mercati.

Per il taglio Irpef minore spesa pubblica

I conti si complicano se teniamo in considerazione i redditi tra 35 e 50 mila euro, rientranti nell’attuale secondo scaglione. Per loro il taglio dell’Irpef c’è stato nel senso che pagano un’aliquota più bassa sui redditi compresi tra 15 e 28 mila euro. Restano esclusi dal taglio del cuneo fiscale, un trattamento sfavorevole che compromette l’efficacia della misura e che rischia persino di disincentivare al lavoro quando si percepiscono redditi a ridosso dei 35 mila euro. Infatti, anche per un solo euro in più guadagnato il lavoratore rischia di perdere 1.900 euro di sgravi. Alzi la mano chi sarebbe così fesso da lavorare di più per guadagnare al netto tanto quanto o persino di meno.

Il governo Meloni sta cercando di tradurre in fatti concreti il motto “pagare tutti per pagare meno”, rimasto ad oggi una presa in giro colossale dei politici. L’idea sarebbe di alimentare un apposito fondo con risorse derivanti dalla lotta all’evasione e da destinare al taglio dell’Irpef. Teoricamente, ineccepibile. Ma serve compiere quel passo in avanti che ad oggi a nessuno è riuscito: ridurre la spesa pubblica, abbattendo gli enormi sprechi delle amministrazioni statali e scegliendo tra priorità nelle voci di bilancio.

Pensare di andare avanti elargendo sussidi e incentivi a tutti e al contempo far pagare a tutti meno tasse è un’allucinazione destinata ad essere sopraffatta prima o poi dal ritorno alla lucidità.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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