E’ un Carlo Tavares molto meno spavaldo di quello che qualche settimana fa rilasciava dichiarazioni di fuoco contro il governo italiano tramite Bloomberg TV. L’amministratore delegato di Stellantis ha cambiato completamente i toni. In settimana, ha voluto ringraziare niente di meno che l’esecutivo della premier Giorgia Meloni per il varo degli incentivi per le auto elettriche. Ha spiegato che ci sarebbe “un futuro per Mirafiori e Pomigliano”, i due stabilimenti minacciati di chiusura soltanto pochi giorni prima.
Tavares depone l’ascia di guerra
Riguardo all’obiettivo di aumentare la produzione di auto in Italia a 1 milione di unità all’anno, Tavares ha ricordato che nel 2023 è stata già in crescita del 10% a 752 mila unità. E ha aggiunto che lavorerà “in accordo con il governo” per centrare l’obiettivo. Insomma, i toni sono volutamente di riappacificazione dopo settimane di tensioni e botta e risposta tra il manager e il ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso. Questi ha paventato l’ipotesi di far entrare lo stato nel capitale della casa automobilistica, al fine di pareggiare il peso dello stato francese, sopra il 6%.
Elkann a mani vuote dall’incontro con Mattarella
A cos’è dovuto l’abbassamento dei toni da parte di Stellantis? Nei giorni scorsi, il presidente John Elkann è venuto in visita a Roma, dove ha incontrato i vertici delle istituzioni, tra cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’evento era organizzato da tempo, ma è probabile che l’erede di Gianni Agnelli abbia voluto sondare gli umori dei palazzi del potere capitolino. E deve averne tratto la sensazione di un muro in difesa dell’interesse nazionale contro i capricci di un’azienda ben sussidiata da decenni e che è percepita nell’opinione pubblica, e non solo, come minimo ingrata nei confronti del Bel Paese.
Stellantis isolata anche in Parlamento
Il presidente Mattarella non ha rilasciato dichiarazioni al termine dell’incontro, un fatto che avrà colpito Elkann, lasciandogli intendere che a Roma la posizione di Palazzo Chigi non sia affatto isolata come egli sperava e forse credeva. Le opposizioni, pur imbarazzate – la famiglia Elkann controlla i quotidiani anti-governativi Repubblica e La Stampa tramite il Gruppo Gedi – non si sono mosse in difesa di Stellantis. E non poteva essere altrimenti. Anzi, il “casus belli” è sorto a seguito della denuncia di Carlo Calenda, leader di Azione ed ex ministro dello Sviluppo, secondo cui la casa automobilistica avrebbe inviato ai fornitori italiani dépliant per pubblicizzare loro le migliori condizioni di mercato in Marocco.
Scoppia il caso eredità, John Elkann indagato
E una decina di giorni fa è scoppiata un’altra bomba, stavolta in casa Elkann. Proprio John è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Torino dopo una denuncia della madre Margherita Agnelli, rivolta anche ai figli Lapo e Ginevra. Da tempo, la figlia dell’Avvocato, scomparso venti anni fa, ritiene di essere stata raggirata con l’accettazione di 1,3 miliardi di euro, in cambio della rinuncia all’eredità. E nel corso delle indagini, gli inquirenti avrebbero riscontrato documenti con firme false di Marella Caracciolo, moglie dell’Avvocato e madre di Margherita, nonché nonna di John.
La donna, scomparsa nel 2019, ha ricevuto in pagamento dalla figlia una somma che va tra 500 e 700 mila euro al mese negli ultimi quindici anni di vita. Almeno tra il 2018 e il 2019, tuttavia, quelle somme non furono denunciate al fisco italiano, in quanto l’anziana risultava residente in Svizzera. Una residenza fittizia per Margherita. E John è stato indagato proprio con l’accusa di avere assunto collaboratori per fare risultare tale residenza in Svizzera.
Scoperto un “tesoretto” di famiglia da 500 milioni di euro
Margherita ha altresì elencato sedici società off-shore nelle quali sarebbe stato nascosto il tesoretto di famiglia, ammontante a mezzo miliardo di euro.
Stellantis nell’angolo abbassa i toni
Le inchieste s’intrecciano con il caso Stellantis. Gli Elkann tutto possono permettersi in questa fase, fuorché alzare la voce contro il governo italiano e condurre campagne di stampa agguerrite, quando su un tema che sta molto a cuore al popolo di sinistra, ossia l’integrità fiscale, stanno scivolando su una buccia di banana. John sa che non è aria. Il ricorso alle minacce per ottenere incentivi ad hoc non ha funzionato e adesso gli è caduta sulla testa la tegola dell’inchiesta sull’eredità. Ciò di per sé non agevola l’aumento della produzione in Italia. La cassa integrazione è lì a confermarci che la volontà di disimpegno dal nostro Paese c’è tutto. Ma forse Stellantis dovrà rivedere i piani per il futuro ed evitare di farla troppo fuori dal vaso.