Se nei prossimi mesi le rate del mutuo resteranno alte, date pure la colpa ai cioccolatini. Stiamo estremizzando, ma forse neppure così tanto. Non passa un solo giorno che il boom del cacao sui mercati internazionali non ci riservi un nuovo record storico. Per la prima volta, nella seduta di ieri è stata oltrepassata la soglia dei 10.000 dollari per tonnellata. Soltanto il giorno prima era stata infranta sempre per la prima volta la soglia dei 9.000 dollari. Ed appena una settimana fa era stata la volta degli 8.000.
Boom del cacao fa paura
Restringendo il cerchio alle ultime settimane, troviamo un +50% in un mese e +140% da inizio anno. Rialzi spettacolari, che iniziano a fare paura. Il boom del cacao si deve alla carenza dell’offerta. I raccolti in Costa d’Avorio e Ghana, che da soli incidono per oltre il 55% della produzione globale, sono in caduta libera rispetto alla stagione passata. El Niño da una parte, piantagioni vecchie e sempre meno fruttifere dall’altro, i cambiamenti climatici e la diffusione di un virus letale per la pianta li hanno ridotti di almeno un terzo.
Altre materie prime in bolla
L’offerta crolla, mentre i consumi restano solidi. La domanda non ne vuole sentire di arretrare e questo sta surriscaldando i prezzi fino all’inverosimile. Se si trattasse di un episodio isolato, faremmo spallucce. Ma il boom del cacao arriva dopo altri boom, anzi vere e proprie bolle alimentatesi sui mercati finanziari negli ultimi anni. Vi ricordate il prezzo del legname nel 2021? Registrò in sei mesi uno strabiliante +240% per toccare il record massimo nel maggio di quell’anno. Da allora, cede i due terzi.
Altre materie prime seguirono lo stesso corso. Ancora oggi, il succo d’arancia risulta più che quadruplicato rispetto a tre anni fa, quando iniziò il rialzo impetuoso. Pur in calo dai massimi dell’autunno scorso, i prezzi appaiono fuori controllo. Altro che la Duke & Duke di Una Poltrona Per Due! Perché il boom del cacao sarebbe una cattiva notizia, a parte ovviamente per le tasche dei consumatori di cioccolato? Il fenomeno svela quell’eccesso di liquidità che ancora stenta a prosciugarsi, malgrado il maxi-aumento dei tassi di interesse globale.
Fiumi di liquidità con la crisi dei mutui subprime
Quando la crisi finanziaria divampò negli Stati Uniti con il tracollo dei mutui subprime nel 2008, le banche centrali più importanti del pianeta reagirono coordinandosi per evitare un ritorno alla Grande Depressione di ottanta anni prima. Ci riuscirono iniettando liquidità a fiumi con l’azzeramento dei tassi, l’acquisto in massa di obbligazioni pubbliche e private e prestando denaro sottocosto (e a più lungo termine) alle banche. Contrariamente ai timori iniziali, queste mosse non provocarono alcuna ondata inflazionistica. Fino a tre anni fa, quando i prezzi al consumo iniziarono a salire a ritmi mai visti da almeno quaranta anni a questa parte.
Cos’era accaduto? Per oltre un decennio abbondante, a salire vertiginosamente erano stati i prezzi degli asset finanziari. Le azioni in borsa esplosero alle stelle, mentre i rendimenti obbligazionari sprofondavano persino sottozero. Il mercato era in bolla, ma i consumatori potevano continuare a beneficiare sia di tassi a zero che di prezzi stabili. Il meccanismo si è inceppato tra Covid e guerra. La carenza di offerta, unitamente al sostegno dei governi a favore della domanda, innescava una spirale rialzista dei prezzi al consumo.
Lotta all’inflazione con la stretta globale
La maxi-stretta monetaria, cioè la fine dei potenti stimoli degli anni precedenti e l’aumento dei tassi, è servita a “raffreddare” proprio la domanda per impedire una spirale inflazionistica devastante. Il successo dell’operazione sembra esservi stato, sebbene un ruolo positivo lo abbia svolto anche il crollo dei prezzi dell’energia dopo l’esplosione dovuta alle tensioni geopolitiche. Ma il boom del cacao è lì a dimostrarci che le insidie non siano finite. L’eccesso di liquidità persiste, tant’è che i prezzi montano e la domanda non arretra. Se le banche centrali tagliassero a breve i tassi, rischierebbero di gettare benzina sul fuoco.
Boom del cacao frena il taglio dei tassi
Ripetiamo, il problema non è tanto il boom del cacao in sé. Esso è, semmai, la spia di un meccanismo che tende a replicarsi con riguardo a molteplici materie prime e non. Lo stesso ritorno in auge di Bitcoin dopo un periodo di declino testimonierebbe la presenza di massicce dosi di liquidità presenti sul mercato e pronte ad essere impiegate in asset di ogni tipo, anche percepiti a rischio. Va da sé che l’oro stesso abbia toccato nuovi massimi sopra 2.200 dollari. Non è tanto in dubbio il taglio dei tassi a giugno negli Stati Uniti e nell’Eurozona, quanto la prosecuzione dell’allentamento monetario. Christine Lagarde ha già messo le mani avanti: “il percorso, anche una volta avviato, non sarà predeterminato”. Come dire, i tassi potrebbero non essere più tagliati per un po’ dopo giugno o a ritmi più lenti delle attese. Anch’ella butterà un occhio sul cacao.