Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha prospettato la cessione dell’intera quota detenuta in Poste Italiane, pari al 29%. Ha rassicurato, però, sul fatto che il controllo dell’istituto rimarrà in capo allo stato. In una prima fase, ha spiegato, questi potrebbe restare complessivamente in possesso del 51%. Oltre al Tesoro, infatti, un altro 35% risulta in mano a Cassa depositi e prestiti. La cessione dell’intera partecipazione del primo equivarrebbe ad incassare 4,4 miliardi di euro ai prezzi di borsa attuali. E’ il momento giusto per capire se l’aria di ulteriore privatizzazione di Poste Italiane stia avendo effetti sui suoi bond.
Bond Poste senza scadenza ufficiale
Nel giugno del 2021, l’istituto emise il suo primo bond perpetuo “ibrido” e “callable” (ISIN: XS2353073161) per l’importo di 800 milioni di euro. La cedola venne fissata al 2,625%. Oggi, può sembrare giustamente molto bassa, ma allora il premio offerto sul tasso “midswap” sfiorò i 270 punti base o 2,70%. Si tratta di un’obbligazione senza scadenza, ma con alcune date di reset alle quali Poste può decidere di volta in volta di prorogare l’investimento o di rimborsare il capitale ai creditori.
Date di reset e possibili call
Nel momento in cui il bond di Poste non fosse rimborsato, però, la cedola da fissa passerebbe a variabile secondo il seguente schema e alle date indicate:
- 24 giugno 2029: 2,677% + tasso “midswap” 5 anni
- 24 giugno 2034: 2,927% + tasso “midswap” 5 anni
- 24 giugno 2049: 3,677% + tasso “midswap” 5 anni
Ieri, la quotazione di attestava a 87,482 centesimi, ben sotto la pari. Questo significa che il rendimento annuale lordo per l’obbligazionista si rivela più elevato di quanto non lasci intendere la sola cedola. Proprio la cedola, rapportata al prezzo, esita esattamente il 3% lordo all’anno. Comunque, poco per un investimento ufficialmente “a vita”. Ma vediamo cosa accadrebbe nel caso di rimborso del bond di Poste alla prima data di reset del 24 giugno 2029.
Scenario con rimborso nel 2034 e 2049
Considerate che mancano circa cinque anni e tre mesi. Il confronto con il BTp a 5 anni si mostra vincente. Pur a fronte di una tassazione più che doppia (26% contro il 12,50% sui titoli di stato), il rendimento a posteriori sarebbe ben maggiore. E se il rimborso del capitale avvenisse alla seconda data di reset del 24 giugno 2034? In quel caso, la cedola per gli ultimi cinque anni sarà stata pari al tasso “midswap” più uno spread del 2,677%. Il rendimento medio annuo dipenderebbe proprio dal tasso di riferimento. Attualmente, si attesta poco sopra il 2,70%. Immaginiamo che rimanga invariato fino ad allora, un’ipotesi ovviamente che stride con la realtà dinamica dei mercati.
Ebbene, la cedola variabile tra il giugno 2029 e il giugno 2034 sarebbe del 5,407%. E il rendimento medio annuale sarà stato in area 5,85%, anche in questo caso nettamente sopra il 3,65% attualmente garantito dal BTp a 10 anni. Infine, se il bond di Poste fosse rimborsato solo alla data del 24 giugno 2049, la cedola media fino ad allora sarebbe prossima al 5%. Il rendimento medio lordo annuo supererebbe il 6,55% contro il 3,95% del BTp a 25 anni di oggi.
Bond perpetuo di Poste deprezzato?
Può benissimo accadere che il bond di Poste non venga mai rimborsato. L’investitore dovrebbe accontentarsi delle sole cedole. Questo scenario sarebbe probabile nel caso in cui l’emittente trovasse anche nel lungo periodo più costoso rifinanziarsi sui mercati, anziché continuare a pagare gli obbligazionisti. In un contesto di tassi in calo, invece, sarebbe più conveniente procedere al rimborso. Ad oggi, il mercato sconta tassi più bassi di oggi da qui ai prossimi cinque anni. Dunque, il bond perpetuo risulterebbe deprezzato.