C’è frustrazione in Turchia con l’inflazione che non accenna ad arretrare e la lira turca che continua a perdere terreno contro il dollaro Usa e le altre principali valute mondiali. La prima ad aprile è salita al 69,80% dal 69,50% di marzo, anche se un gruppo di economisti turchi indipendenti (ENAG) l’ha stimata al 124% e in crescita su base mensile del 5% contro il +3,18% del dato ufficiale. La banca centrale punta a dimezzarla in termini tendenziali entro la fine dell’anno e a riportarla sotto il 10% da qui al dicembre del 2025.
Arriva l’austerità del ministro Simsek
Poiché urgono soluzioni urgenti e il potere di veto del capo dello stato si è indebolito a causa della perdita del consenso, il ministro delle Finanze, Memhet Simsek, sta prendendo il sopravvento con la sua agenda economica improntata all’ortodossia. E oggi ha annunciato un piano triennale di austerità fiscale con l’obiettivo preciso di sradicare l’inflazione in Turchia. Le misure, se vogliamo, pongono fine a una lunga fase dell’era Erdogan, caratterizzata da mega-progetti infrastrutturali. Le auto di servizio non potranno essere acquistate o prese in leasing nel settore pubblico, fatta eccezione per i settori di sanità, difesa e sicurezza.
Blocco turn over e salario minimo congelato
Vietate nuove costruzioni o acquisti di edifici pubblici, fatta eccezione per le aree colpite dal tragico terremoto di un anno fa. In generale, ci sarà un taglio del 10% all’acquisto di beni e servizi e del 15% per gli investimenti. Anche se non sono state comunicate cifre puntuali, è stata annunciata la limitazione per le assunzioni nel pubblico impiego.
Lira turca sempre più giù
E’ l’austerità, bellezza. Anche la Turchia scopre che per battere l’inflazione non basta alzare i tassi di interesse. Perlomeno, non se si vogliono vedere i risultati in tempi celeri. Perché se con un piedi pigi sul freno e con l’altro acceleri, finisci che vai a sbattere. I tassi sono stati portati al 50% dall’8,50% di meno di un anno fa. La stretta c’è stata, ma la svalutazione del cambio ne ha contenuto i benefici. E il mercato continua ad aspettarsi una lira turca sempre più debole, dopo che questa ha perso quasi il 40% contro il dollaro solamente da fine maggio dello scorso anno.
Inflazione Turchia monito per Occidente
L’inflazione in Turchia e i tentativi necessari per arrestarla sono un monito anche per l’Occidente. Le economie avanzate, pur lottando contro livelli ben più contenuti di crescita dei prezzi, ad oggi hanno preso in considerazione solo la politica monetaria per contrastare il carovita. I deficit di bilancio restano elevati, specie negli Stati Uniti, retaggio dei sussidi elargiti a piene mani sia durante la pandemia che per effetto della crisi energetica scaturita con la guerra tra Russia e Ucraina. La politica fiscale ancora decisamente espansiva sta frenando la discesa dell’inflazione, foraggiando i consumi interni. Ankara sta scoprendo a proprie spese che la stabilità dei prezzi richiede tra l’altro un bilancio ordinato. Gli anni dei maxi-investimenti pubblici per ammodernare il Paese dovranno prendersi una pausa.