Ape Sociale: pochi vantaggi ad andare in pensione a 63 anni e 5 mesi

Si esce prima dal lavoro, ma i vantaggi di Ape Sociale pochi rispetto a quanto si prenderebbe con la pensione ordinaria o anticipata.
4 mesi fa
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ape sociale

Ape Sociale non è conveniente come sembra. L’anticipo pensionistico ci è stato sempre presentato come una scappatoia per andare in pensione qualche anno prima rispetto alla pensione di vecchiaia o anticipata. Ma, a ben guardare, è molto penalizzante e vale la pena richiamare l’attenzione dei lavoratori sulla questione alla viglia della scadenza della prossima finestra utile per presentare domanda (15 luglio).

Ricordiamo che Ape Sociale è concessa in particolare a lavoratori svantaggiati a partire dai 63 anni e 5 mesi di età, con un’anzianità contributiva minima che va dai 28 ai 36 anni.

L’indennità economica mensile erogata dall’Inps, simile alla pensione, è corrisposta fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (67 anni di età) o del requisito contributivo minimo per la pensione anticipata (41-42 anni e 10 mesi di contributi) a prescindere dall’età.

Ape Sociale, più penalizzazioni che vantaggi

Analizzando attentamente il funzionamento di Ape Sociale ci si accorge che i vantaggi non sono poi molti come si potrebbe credere. E’ vero che si può lasciare il lavoro prima del tempo, a 63 anni e 5 mesi di età, ma quello che si ottiene a livello economico è un trattamento riduttivo, con una indennità mensile calcolata sulla base dei contributi versati.

Innanzitutto il coefficiente di trasformazione dei contributi è più basso a 63 anni e 5 mesi rispetto ai 67 anni della pensione ordinaria. Poi il pagamento avviene solo per 12 mensilità. Non è quindi prevista la tredicesima e nemmeno la quattordicesima, come accade per le pensioni. Solo al raggiungimento dei requisiti per la liquidazione della pensione, come detto, Ape Sociale cessa e subentra l’erogazione dell’assegno pensionistico a richiesta dell’interessato.

Nel frattempo, fino al raggiungimento dei 67 anni di età, o del limite contributivo di cui sopra, il beneficiario non può svolgere alcun tipo di lavoro. Se non entro determinati limiti di reddito annuale. Pena la sospensione del pagamento di Ape Sociale.

Non solo, durante il periodo di godimento dell’indennità, non sono accreditati contributi figurativi ai fini pensionistici. Il che significa che il montante contributivo non aumenterà e, di conseguenza, nemmeno la pensione.

Mancata rivalutazione e tetto massimo della pensione

E veniamo all’altro tasto dolente: l’importo dell’assegno previsto per Ape Sociale. L’anticipo pensionistico non è libero nella misura e non può superare il limite massimo di 1.500 euro lordi al mese. Un bel problema per chi ha diritto a una pensione a calcolo superiore perché non spetta nulla di più fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione. Solo al momento della richiesta di pensione a 67 anni di età o con 41-42 anni di contributi sarà riconosciuto l’assegno pieno.

Quindi chi ha diritto a una pensione superiore a 1.500 euro mensili a 63 anni e 5 mesi, perde già in partenza una fetta di rendita. Questa non sarà più recuperata e non vi sarà corresponsione di arretrati o differenze.

Ma c’è un altro fattore negativo che bisogna conoscere. Si chiama rivalutazione. L’importo di Ape Sociale, a differenza di quanto avviene per le pensioni, non è soggetto a perequazione automatica annuale. Pertanto chi percepisce questa indennità non potrà contare sull’indicizzazione in conseguenza dell’inflazione come per le pensioni dirette e indirette. Quindi vi è una perdita nel potere di acquisto con Ape Sociale e, di conseguenza, una penalizzazione.

Riassumendo…

  • Ape Sociale presenta più svantaggi che benefici per il lavoratore.
  • Il tetto massimo dell’indennità economica è di 1.500 euro lordi al mese.
  • L’assegno di Ape Sociale non è rivalutatile in base all’inflazione.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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