Dire che Donald Trump sia un candidato favorevole all’adozione delle “criptovalute” negli Stati Uniti, è persino riduttivo dopo il discorso infervorato tenuto ieri a Nashville dinnanzi ai big dell’industria. Il suo è stato un abbraccio totale al nuovo asset che avanza sui mercati mondiali, malgrado lo scetticismo ancora imperante di gran parte sia della finanza tradizionale, sia delle istituzioni governative. Ma il tycoon aveva aperto ufficialmente a questo mercato il 21 maggio scorso, data in cui la sua campagna elettorale ha iniziato ad accettare i pagamenti in criptovalute.
Svolta del tycoon a favore delle criptovalute
Già nel 2016 era sembrato abbastanza incline a sostenere le posizioni dei favorevoli a questa industria. Tuttavia, durante il suo mandato non si registrarono grosse aperture di fatto. Stavolta, sembra diverso. Trump ha annunciato che, se eletto, licenzierà Gary Gensler, attuale presidente della Securities and Exchange Commission (Sec). A suo dire, starebbe frenando il futuro dell’America con la previsione di numerosi limiti fissati per il mercato delle criptovalute. Una prima apertura ufficiale l’ente la ebbe all’inizio di quest’anno, avallando la nascita dei primi Etf in Bitcoin.
Rivoluzione guidata dall’America
L’America dovrà abbracciare questa “rivoluzione”, ha continuato. “Non sarete più costretti a trasferirvi in Cina o altrove”, anche grazie ai bassi costi dell’energia. E se Bitcoin “arriverà sulla luna”, l’America guiderà questo processo. A tale proposito, Trump ha notato che le autorità statunitensi detengono attualmente 210 mila Bitcoin, sequestrati a seguito di inchieste giudiziarie. Ha promesso che non ne venderà neanche uno, se tornerà alla Casa Bianca. Essi serviranno a creare una riserva strategica di criptovalute.
Con questi numeri, il governo americano di fatto possiede l’1% di tutti i Bitcoin in circolazione, qualcosa come circa 15 miliardi di dollari.
Nessun rischio per il dollaro, sostiene Trump
Ma le criptovalute non sono un rischio per il dollaro? Lo pensano numerosi investitori, i quali percepiscono le prime come alternativa al secondo. Per Trump non è così. Ritiene che i rischi per il biglietto verde derivino dall’eccesso di spesa pubblica, dall’alta inflazione e dalle frontiere aperte all’immigrazione di massa. Un cambio di paradigma per un candidato presidente, che si mostra fondamentale per sostenere l’umore degli investitore nelle cripto-attività.
Gli Stati Uniti hanno aperto di recente ai Bitcoin, più che per convinzione, per il timore di perdere ingenti investimenti a favore di mete alternative quali la Cina. El Salvador resta ad oggi l’unico stato al mondo ad avere imposto l’asset come valuta legale. L’esperimento non ha funzionato granché, dati gli scarsi pagamenti in questi quasi tre anni effettuati tramite criptovalute. Neanche l’America di Trump si spingerebbe così oltre. Non avrebbe senso, avendo il dollaro come valuta di riserva mondiale. Ad ogni modo, il tycoon vuole cavalcare questo mercato. Ci crede e ha bisogno dei finanziamenti dell’industria, rimasta delusa dall’amministrazione Biden.
Harris cerca di ricucire con gli investitori in criptovalute
La stessa Kamala Harris, che pochi giorni ha rimpiazzato il presidente Joe Biden come candidato presidente, sta riallacciando i rapporti con gli investitori i criptovalute per non restare indietro nei sostegni elettorali. Ma l’industria sembra avere scelto il suo riferimento. Pur scontando l’entusiasmo del momento, difficile che Trump possa rimangiarsi tutto quanto dichiarato a Nashville se rieletto.