Era una notizia attesa, ma fa lo stesso male. Intercontinental Exchange Inc. (ICE) ha annunciato oggi che non includerà gli Eurobond nel suo indice. “C’erano voci pro e contro tale decisione, ma nessun accordo”, ha spiegato una nota. A giugno c’era stato lo stesso esito di MSCI. Entrambi i provider finanziari considerano i bond dell’Unione Europea “emissioni sovranazionali”. ICE non ha voluto cambiare i criteri per definire un’emissione “sovrana”. Ne consegue che i titoli del debito emessi da Bruxelles restano considerati di altro tipo rispetto ai titoli di stato come Bund, Oat, BTp, Bonos, ecc.
Safe asset a metà
Cosa cambia di preciso per i cosiddetti Eurobond? In poche settimane, hanno visto sfumare la possibilità di essere trattati sui mercati alla pari delle emissioni nazionali. Anche se sono percepiti come “safe asset” e massimamente sicuri per via del rating tripla A, ancora oggi gli investitori pretendono rendimenti lungo la curva più alti rispetto a quelli tedeschi e persino francesi. La ragione è semplice: mercato poco liquido e futuro incerto.
Sappiamo che l’Unione Europea emetterà 750 miliardi di euro fino al 2026, così da finanziare il Next Generation EU varato nel 2020. Tuttavia, dopo quella data nessuno sa se ci saranno ulteriori emissioni e con quale frequenza. Di fatto, gli Eurobond restano nella percezione collettiva come titoli del debito sovranazionali, non garantiti da entrate fiscali, di scarsa entità e senza certezze riguardo al medio-lungo termine. Ecco perché rendono più dei bond di Germania, Francia, ecc.
Eurobond perdono opportunità storica
La Banca Centrale Europea stessa da tempo sollecita le istituzioni comunitarie a dare vita a un “safe asset” nell’area, in quanto necessità avvertita dal mercato. La mancata inclusione degli Eurobond nell’indice ICE oggi e in quello MSCI a giugno, però, allontana ulteriormente la svolta. Basterebbe avere seguito il dibattito di questi mesi circa possibili emissioni comuni per la difesa per capire che non esiste alcun accordo politico sul punto.