Per andare in pensione secondo le regole del sistema previdenziale italiano, è necessario soddisfare quasi sempre due requisiti fondamentali. Il primo è di tipo anagrafico, che, escluso il caso delle pensioni anticipate ordinarie e della cosiddetta “quota 41”, deve essere sempre considerato. Il secondo è il requisito contributivo, presente in ogni misura pensionistica senza eccezioni.
Chi considera l’assegno sociale, che a 67 anni consente di ottenere un trattamento dall’INPS indipendentemente dai contributi versati, come una misura pensionistica, commette un errore.
Infatti, l’assegno sociale è una prestazione assistenziale.
Pensioni anticipate e bonus sui contributi: quando un anno di lavoro vale di più
Per ottenere la pensione di vecchiaia ordinaria sono necessari almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età. Per le pensioni anticipate ordinarie, invece, non esiste un limite di età; il lavoratore può andare in pensione una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, o 41 anni e 10 mesi per le donne.
La “quota 41” per i lavoratori precoci, valida per chi ha accumulato almeno un anno di contributi prima dei 19 anni e appartiene a determinate categorie, prevede il raggiungimento di 41 anni di contributi senza limiti di età. L’APE sociale richiede 63 anni e mezzo di età e 30 anni di contributi per i caregiver, invalidi o disoccupati, oppure 36 anni per chi svolge lavori gravosi.
L’Opzione Donna consente alle lavoratrici di andare in pensione tra i 59 e i 61 anni, sempre con 35 anni di contributi. Gli stessi 35 anni sono richiesti a 61 anni e 7 mesi per il cosiddetto “scivolo usuranti”. Perfino la pensione anticipata contributiva richiede 64 anni di età e 20 anni di contributi, mentre la pensione per invalidità pensionabile fissa i limiti a 56 o 61 anni di età con 20 anni di contributi rispettivamente per uomini o donne.
Le misure appena citate sono molto diverse tra loro, dimostrando quante possibilità ci siano per i lavoratori di accedere alla pensione. Tuttavia, il minimo comune denominatore rimane il requisito contributivo. In alcuni casi, l’INPS offre un bonus contributivo che consente di far valere di più alcuni anni di contributi.
La maggiorazione contributiva per i minorenni: come sfruttarla
Alcuni lavoratori possono beneficiare di un vero e proprio bonus contributivo, che permette di raggiungere più facilmente i requisiti per la pensione, indipendentemente dalla misura individuata. Vediamo come funziona questo bonus sui contributi versati quando il lavoratore era ancora minorenne.
Infatti, alcuni lavoratori possono far valere i contributi versati prima dei 18 anni come 1,5 volte il loro valore effettivo. Questo incremento può facilitare il raggiungimento di 20 anni di contributi. Anche se ne sono stati versati meno, a seconda del numero di mesi di contribuzione antecedenti la maggiore età. Tuttavia, questo bonus si applica solo a determinati lavoratori.
Per usufruire di questa agevolazione, è necessario che l’interessato non abbia versato contributi prima del 1996. La cosiddetta maggiorazione contributiva riguarda solo le pensioni che rientrano interamente nel sistema contributivo. Un lavoratore che ha iniziato a versare contributi prima del 1996 non può beneficiare di questa agevolazione.
Ecco perché, ad esempio, le pensioni anticipate ordinarie non prevedono un vantaggio di questo genere per raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi richiesti agli uomini per la quiescenza.
Attenzione: la maggiorazione non aumenta l’importo della pensione
In conclusione, questa agevolazione può essere sfruttata solo dai cosiddetti “contributivi puri” per raggiungere i 20 anni di contributi necessari per la pensione anticipata contributiva a 64 anni di età, o per la pensione di vecchiaia a 67 anni. Per sfruttare questa possibilità, è necessario attendere il momento giusto, ovvero quello del pensionamento.
Al momento della presentazione della domanda di pensione, infatti, nel modulo da inviare all’INPS, è necessario richiedere espressamente di usufruire di questa maggiorazione.
Infatti, il valore aggiuntivo di questi periodi contributivi non incide sul calcolo della pensione. Chi ha versato 19 anni di contributi ma raggiunge i 20 anni grazie alla maggiorazione, riceverà una pensione calcolata solo sui 19 anni effettivamente versati, e non sui 20.