Ennesimo record per la quotazione dell’oro, che nelle scorse ore ha superato i 2.500 dollari l’oncia fino a segnare un massimo di oltre 2.508 dollari. Su base annua i guadagni si aggirano intorno al 30% e dall’inizio del 2024 si attestano ad oltre il 21%. Il metallo non si ferma, segno che la domanda resti elevata. E sarebbero ancora una volta le banche centrali, specie in Asia, a sostenerla nel loro tentativo di diversificare le riserve valutarie. Si parla con sempre maggiore insistenza di “dedollarizzazione”, anche se per il momento non sembra affatto questo lo scenario.
Taglio dei tassi Fed vicino
Sembra, invece, che quanto stia accadendo rifletta perlopiù un’ordinaria esigenza per le banche centrali di difendere le proprie riserve valutarie da un deprezzamento atteso del dollaro. Questi ha perso mediamente il 3,6% in meno di due mesi. Sta scendendo dai massimi di questi anni, in prospettiva di un primo taglio dei tassi di interesse della Federal Reserve. E la quotazione dell’oro risente proprio dell’atteso allentamento monetario presso la prima economia mondiale. Qualche notizia in più dovrebbe emergere nei prossimi giorni dal simposio delle banche centrali a Jackson Hole.
Se guardiamo alle aspettative del mercato, captate dai contratti futures di Cme Group, notiamo che puntino a una riduzione del costo del denaro da parte di Atlanta di 100 punti base o 1% entro dicembre. Per settembre, però, le probabilità di un maxi-taglio dello 0,50% sono precipitate a poco più di un quarto. Erano al 50% fino a pochi giorni fa. Ma le vendite al dettaglio a luglio sono cresciute molto meglio delle previsioni: +1% mensile e +2,7% annuale.
Quotazione oro inversa ai rendimenti obbligazionari
La quotazione dell’oro tende anche a viaggiare in direzione opposta ai rendimenti obbligazionari. Il Treasury a 10 anni offriva il 4,70% in aprile, mentre oggi sta al 3,85%. La concorrenza al metallo, che ricordiamo essere un asset senza cedola, è venuta parzialmente meno. E l’indebolimento del dollaro fa il resto, riducendone il costo di acquisto per gli investitori non americani. A tutto ciò si aggiungono riflessioni extra-economiche, come le tensioni geopolitiche di questa fase e le incertezze relative alla prossima amministrazione americana.