Le opzioni per andare in pensione a 62 anni nel 2024 non sono molte. Riuscire a lasciare il lavoro a questa età significa anticipare di ben 5 anni rispetto ai requisiti ordinari. Poiché la pensione di vecchiaia si ottiene a 67 anni. Dal punto di vista anagrafico, la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a 62 anni rappresenta un vantaggio significativo. Tuttavia, esiste praticamente una sola misura che consente un pensionamento così favorevole: la cosiddetta “quota 103”.
Questa misura, però, è destinata a cessare a breve, poiché sembra che il governo non abbia intenzione di prorogarla nella prossima manovra di bilancio.
“Buongiorno, sono un vostro lettore da diversi anni e vi chiedo una delucidazione in merito alla pensione con quota 103. Sono nato a gennaio del 1962 e a novembre, secondo i miei calcoli, raggiungerò i 41 anni di contributi. Vorrei verificare la possibilità di andare in pensione con la quota 103, considerando che avrei l’età e la contribuzione giusta. Il mio dubbio riguarda il calcolo della pensione, che a quanto pare mi penalizza. Devo necessariamente subire il calcolo contributivo, o posso evitarlo, magari sfruttando la misura dell’anno precedente visto che compirò 63 anni a gennaio 2025?”
Pensione 2024: penalizzazioni per i nati nel 1962 rispetto ai nati nel 1961
Per i nati nel 1962, la pensione con quota 103 è meno favorevole rispetto ai nati nel 1961. E non è possibile fare nulla per evitare queste penalizzazioni. La quota 103 avrebbe dovuto cessare a dicembre 2023, ma il governo ha deciso di prorogarla di un altro anno, fino al 31 dicembre 2024.
Questa strategia ha avuto successo, poiché nel 2024 si registra un netto calo delle richieste di pensionamento con quota 103 rispetto al 2023. I correttivi, che sono stati oggetto di critiche da parte delle minoranze e dei sindacati, sono due, e entrambi hanno reso la misura significativamente meno appetibile. Tuttavia, va detto che uno dei due correttivi ha una durata temporale limitata e quindi risulta più tollerabile.
I correttivi del 2024 per la quota 103: cosa è cambiato?
Il primo correttivo, valido fino ai 67 anni, ha limitato l’importo massimo della pensione che si può ottenere con la quota 103. Infatti, i lavoratori che sono andati in pensione con quota 103 nel 2023, essendo nati nel 1961 e avendo completato i 41 anni di contributi necessari entro la fine dello scorso anno, hanno potuto ricevere una pensione fino a 5 volte il trattamento minimo dell’INPS.
Al contrario, chi è nato nel 1962 e raggiunge i 62 anni nel 2024 deve andare in pensione con la versione attuale della quota 103, che prevede una pensione non superiore a 4 volte il trattamento minimo. Come detto, queste riduzioni dell’assegno, applicabili a chi ha diritto a una pensione superiore a 4 o 5 volte il minimo, cessano a 67 anni di età, momento in cui l’INPS ricalcolerà la prestazione, erogando l’importo effettivamente spettante al pensionato.
Tagli all’assegno pensionistico a 62 anni: cosa si perde
Ciò che rende davvero penalizzante la misura è il calcolo contributivo. Per i nati nel 1961, andati in pensione con quota 103 nel 2023, la pensione veniva calcolata con il sistema misto: retributivo per i periodi fino al 31 dicembre 1995 e contributivo per i periodi successivi.
Oppure, per chi può vantare almeno 18 anni di contributi prima del 31 dicembre 1995, il retributivo si applicava fino al 31 dicembre 2011, e il contributivo per i periodi successivi.
Se per l’importo massimo della pensione il limite cessa a 67 anni, non c’è alcuna salvaguardia temporale per il ricalcolo contributivo, che rimane per tutta la vita. Ciò significa che, a parità di contributi e di montante, un lavoratore uscito con quota 103 nel 2023 può perdere fino al 30% della pensione rispetto a chi si pensiona nel 2024. Un taglio significativo che, per molti, sconsiglia il pensionamento con quota 103.