Pensione di vecchiaia a 67 o 71 anni? Oggi molti trovano più semplice farlo 4 anni prima

Ecco quando la pensione di vecchiaia si prende a 67 anni o a 71 anni, cosa è cambiato e che differenze ci sono tra vecchi e nuovi iscritti.
4 mesi fa
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Il principale strumento pensionistico offerto dal sistema è la pensione di vecchiaia. Si tratta della misura con meno vincoli e rigidità rispetto alle altre e, soprattutto, è l’unica tra quelle ordinarie che non prevede distinzioni basate sulla platea o sul genere.

Se consideriamo che le pensioni anticipate ordinarie, pur senza limiti di età, prevedono carriere contributive diverse per uomini e donne, si comprende perché la pensione di vecchiaia può essere considerata il vero pilastro del sistema.

Tuttavia, esistono ancora diverse regole di accesso alla pensione di vecchiaia a seconda della data di iscrizione alla previdenza obbligatoria.

Dal 2024, queste differenze saranno meno marcate, ma continueranno a esistere. Vediamo di cosa si tratta.

Chi sono i contributivi puri e chi sono i vecchi iscritti

Dal primo gennaio 1996 è entrato in vigore il sistema contributivo, introdotto dalla riforma delle pensioni di Lamberto Dini, che ha cambiato le regole per il calcolo delle pensioni.

Prima di questa data, le pensioni venivano calcolate interamente con il sistema retributivo, basandosi sulle ultime retribuzioni percepite dai lavoratori nel corso della loro carriera. Con il metodo contributivo, invece, le pensioni vengono calcolate solo in base ai contributi versati.

La riforma Fornero ha poi potenziato il sistema contributivo, estendendolo anche a chi aveva iniziato a lavorare prima del 1996, con regole specifiche basate sulla carriera precedente al 1995. Oggi è ancora in vigore la regola che prevede il calcolo interamente contributivo solo per chi ha versato contributi esclusivamente dopo il 31 dicembre 1995.

Per gli altri, si applica il calcolo misto, che combina il sistema retributivo fino al 1996 o al 2012 (rispettivamente per chi aveva meno o più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) con il contributivo per gli anni successivi.

Pensione di vecchiaia a 67 o 71 anni? Molti trovano più semplice andare in pensione 4 anni prima

Le regole di calcolo non sono l’unica differenza tra chi ha iniziato a lavorare e versare contributi prima del 1996 e chi ha iniziato dal 1996 in poi.

Cambiano anche alcune regole relative al diritto alla pensione. Oggi, chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 è definito “vecchio iscritto”.

Chi ha iniziato a lavorare dopo questa data è chiamato “nuovo iscritto” o “contributivo puro”. Per i vecchi iscritti, la pensione di vecchiaia si raggiunge a partire dai 67 anni di età con 20 anni di contributi versati a qualsiasi titolo. Per i nuovi iscritti, valgono gli stessi requisiti, ma con l’aggiunta della necessità di avere una pensione non inferiore all’assegno sociale (534,41 euro al mese).

Questo vincolo, fino al 2023, era ancora più stringente, richiedendo una pensione minima non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Per questo motivo, oggi è più facile per i contributivi puri raggiungere la pensione a 67 anni anziché a 71.

Perché le differenze tra contributivi e retributivi sono ora meno rigide

Le differenze tra contributivi e retributivi non si fermano qui. Ad esempio, i nuovi iscritti hanno la possibilità di andare in pensione anche a 64 anni di età. Non si tratta di una pensione di vecchiaia, anche se le somiglia molto, poiché richiede comunque 20 anni di contributi minimi.

Questa misura è chiamata “pensione anticipata contributiva” e può essere ottenuta solo se il contributivo puro raggiunge una pensione pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale. Sono previsti sconti in base al numero di figli per le lavoratrici, che possono accedere alla pensione a 64 anni con 20 anni di contributi se l’importo è pari o superiore a 2,6 volte l’assegno sociale per due o più figli, o 2,8 volte con un solo figlio.

I contributivi puri, quindi, godono di alcuni vantaggi, che possono però trasformarsi in svantaggi. Ad esempio, i nuovi iscritti non hanno diritto alle maggiorazioni sociali di cui potrebbero beneficiare i vecchi iscritti.

Pertanto, ci sono sia vantaggi che svantaggi per ciascun gruppo.

Le regole per i vecchi e nuovi iscritti sono davvero variabili e diverse. Infatti, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 può beneficiare della maggiorazione per lavoro precoce, che permette di contare 1,5 volte la contribuzione versata prima dei 18 anni di età. Questa maggiorazione non è disponibile per i vecchi iscritti.

A 71 anni in pensione di vecchiaia: sempre meno contribuenti, ma per i misti resta il divieto

Un altro vantaggio per i nuovi iscritti è la possibilità di andare in pensione a 71 anni. Tuttavia, questa opzione è diventata meno utile in seguito alla riduzione del requisito di importo minimo della pensione per i contributivi puri a 67 anni.

In effetti, la pensione a 71 anni era un’opzione di ripiego per i nuovi iscritti che non riuscivano ad andare in pensione a 67 anni a causa del vincolo di una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.

Ora che è possibile ottenere la pensione anche se l’importo è pari all’assegno sociale. Sono meno numerosi i contributivi puri costretti ad attendere i 71 anni per la pensione di vecchiaia. Infatti, a 71 anni vengono meno sia il limite minimo di importo della pensione sia il requisito dei 20 anni di contributi. Bastano anche solo 5 anni di versamenti.

La pensione a 71 anni resta utile per i contributivi puri che, a 67 anni, non raggiungono i 20 anni di contributi. O non raggiungono una pensione pari all’assegno sociale. Per i vecchi iscritti, invece, non esiste il vantaggio della pensione a 71 anni.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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