Tagli sulle pensioni, minori aumenti 2025 e conseguenze per gli anni a venire

Secondo un recente studio della CGIL i tagli alle pensioni per il meccanismo della perequazione sono enormi nel tempo, ma l'aumento delle pensioni 2025 seguirà le solite regole.
3 mesi fa
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aumento pensioni

La notizia del giorno in materia pensioni è senza dubbio il fatto che molti noti quotidiani italiani stanno parlando di pensioni bancomat e di tagli alle pensioni oltre un determinato importo. Tutto nasce da uno studio della CGIL che ha calcolato le perdite in termini di pensioni che alcuni contribuenti rischiano di dover sostenere per il resto della loro vita. Anzi, che già hanno iniziato a sostenere visto che il meccanismo delle perequazione delle pensioni che il governo dovrebbe adottare non prevede nulla di nuovo essendo già stato usato nel 2024.

L’argomento riguarda quindi l’aumento delle pensioni che a gennaio dovrebbe continuare ad essere penalizzante per alcuni pensionati.

Tagli sulle pensioni, minori aumenti 2025 e conseguenze per gli anni a venire

Le pensioni ogni anno vengono adeguate al tasso di inflazione. In pratica l’ISTAT ufficializza il tasso di inflazione dell’anno (ma previsionale, poi esce quello definitivo e ai pensionati alla fine di ogni anno spetta un conguaglio se tra tasso di previsione e tasso definitivo c’è una discrepanza a favore dei pensionati), e l’INPS provvede ad adeguare le pensioni. Con un meccanismo a scaglioni. E con percentuali differenti che sono tanto più penalizzanti quanto più sale la pensione. Questo significa che solo sulle pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo la rivalutazione sarà piena. Cioè pari pari al tasso di inflazione. Per le pensioni più alte meno aumenti quindi.

Ecco come funziona la perequazione delle pensioni

Il meccanismo quindi garantisce un recupero completo per le pensioni fino a 2.102,52 euro lordi al mese. Poi si passa all’85% per pensioni di importo compreso tra 2.102,53 e 2.626,90 euro, al 53% per importi tra 2.626,91 euro e 3.152,28 euro e così via, fino a scendere al 22% per i trattamenti che al lordo arrivano a superare
5.253,80 euro. Queste regole della perequazione sono state usate già lo scorso gennaio.

Pertanto, al netto delle tasse, l’1,6% di inflazione sarà applicato al 100% solo per trattamenti al di sotto di 1.650 euro al mese. La CGIL ha quantificato, secondo un suo studio, le perdite in materia di indicizzazione per le pensioni che superano la prima fascia. Ciò che mette in luce lo studio è il fatto che una pensione adeguata con i tagli prima citati, si porta dietro negli anni questo taglio. Per esempio su una pensione da 2.000 euro netti oggi, l’aumento è dell’1,36%, ma su un trattamento che già a gennaio 2024 è stato incrementato solo dell’85% del tasso di inflazione di allora che fu del 5,4% (previsionale).

Una indicizzazione che da tempo guarda solo a determinati pensionati come perequazione piena

Senza entrare troppo nei tecnicismi, una cosa da dire è che il meccanismo della perequazione che aumenta le pensioni da tempo prevede dei tagli per le pensioni più alte. Anche gli ultimi governi che hanno preceduto quello Meloni utilizzavano una perequazione monca per le pensioni più alte. Per esempio nel 2021 a gennaio il meccanismo usato era il seguente:

  • 100% di aumento per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 77% sulle pensioni sopra 4 e fino a 5 volte il minimo;
  • 52% sulle pensioni sopra 5 e fino a 6 volte il minimo;
  • 47% sulle pensioni sopra 6 e fino a 8 volte il minimo;
  • 45% sulle pensioni sopra 8 e fino a 9 volte il minimo;
  • 40% sulle pensioni sopra 9 volte il minimo.

A gennaio 2022 il meccanismo usato invece prevedeva:

  • 100% sui trattamenti fino a 4 volte il minimo;
  • 90% sui trattamenti sopra 4 e fino a 5 volte il minimo;
  • 75% sui trattamenti più alti.

Nel 2023 invece:

  • 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 85% sulle pensioni sopra 4 e fino a 5 volte il minimo;
  • 53% sulle pensioni sopra 5 e fino a 6 volte il minimo;
  • 47% sulle pensioni sopra 6 e fino a 8 volte il minimo;
  • 37% sulle pensioni sopra 8 e fino a 10 volte il minimo;
  • 32% sulle pensioni sopra 10 volte il minimo.

E infine si è arrivati alla perequazione usata già a gennaio 2024 che probabilmente verrà usata anche l’anno prossimo.

Nello specifico:

  • 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 85% sulle pensioni sopra 4 e fino a 5 volte il minimo;
  • 53% sulle pensioni sopra 5 e fino a 6 volte il minimo;
  • 47% sulle pensioni sopra 6 e fino a 8 volte il minimo;
  • 37% sulle pensioni sopra 8 e fino a 10 volte il minimo;
  • 22% sulle pensioni sopra 10 volte il minimo.

Perdite cumulative sulle pensioni, una storia che va a vanti da anni

Tornando a ciò che sostiene lo studio della CGIL, confermando quanto fatto lo scorso anno si proseguirà con il tagliare le pensioni oltre le 4 volte il minimo con perdite che continuano a sommarsi e che continueranno a sommarsi anno dopo anno. Come detto, le perdite per chi da sempre prende una pensione più alta del limite prefissato, partono da lontano. Cambiano le aliquote del taglio. Cambiano le regole che dal sistema a scaglioni progressivi (la percentuale di perequazione inferiore si applica solo sulla parte di pensione eccedente il limite dello scaglione precedente) passa al meccanismo secco (tutta le pensione se supera il limite dello scaglione precedente è aumentata per la sua totalità con l’aliquota meno favorevole). Ciò che non cambia è il fatto che più alta è la pensione meno favorevole è l’indicizzazione.

La presunta incostituzionalità dell’aumento delle pensioni

Un taglio che pare sia sotto osservazione per presunta incostituzionalità. Infatti dovrebbe occuparsene la Consulta adesso dopo un ricorso che è finito davanti ai giudici costituzionalisti. Pare infatti che penalizzare i pensionati per il solo fatto che godono di una pensione più alta non sia lecito secondo i principi della costituzione. O almeno questo è alla base del ricorso. Verrebbe meno, secondo il ricorso, il principio che vuole le retribuzioni di un lavoratore commisurate alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto. Chi ha guadagnato una pensione elevata è per suo merito, non per favoritismo da parre del sistema.

Questo il principio base da cui adesso dovrebbe partire il giudizio della Corte Costituzionale. Per il momento però l’indirizzo del governo sembra lo stesso e pare ormai certo che anche a gennaio 2025 le pensioni verranno adeguate come prima spiegato.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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