Il mercato unico per la Germania vale a convenienza: governo tedesco in campo contro Unicredit

I veri "sovranisti" stanno a Berlino (e Parigi) e sfruttano il mercato unico solo quando ci sono vantaggi per l'economia tedesca.
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3 mesi fa
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Mercato unico? Solo quando conviene alla Germania
Mercato unico? Solo quando conviene alla Germania © Licenza Creative Commons

A Brandeburgo il cancelliere Olaf Scholz la scampa per un paio di punti percentuali ed evita formalmente la sconfitta in favore di AfD, la destra euro-scettica della Germania. Per una volta i “sovranisti” tedeschi sono stati battuti, insomma. Ma chi sono i sovranisti, se non coloro che attaccano il mercato unico nei fatti, più che attraverso le inutili parole dei presunti nazisti all’opposizione e isolati politicamente? Dopo la batosta in Turingia e Sassonia, la reazione del governo federale fu la chiusura delle frontiere con tanto di riattivazione dei controlli per impedire l’arrivo di nuovi immigrati clandestini.

Addirittura, s’ipotizza di negare tour court per un periodo la possibilità di chiedere asilo politico.

Mercato unico inesistente sul caso Unicredit-Commerzbank

E Schengen? Avete sentito qualche euro-burocrate alzarsi in piedi a Bruxelles e chiedere conto a Berlino del suo operato? Associazioni umanitarie, immigrazioniste, tutti zitti e buoni. Poi succede qualcosa di totalmente inaspettato. Il governo tedesco vende un pacchetto azionario in Commerzbank, retaggio della nazionalizzazione del 2009. Pensava che avrebbe avuto la fila di clienti, mentre si è presentata solamente Unicredit, che ha comprato il 4,5%.

Sindacati e dirigenti della banca tedesca hanno iniziato a protestare. Temono pesanti tagli all’occupazione, ma soprattutto che il sistema economico nazionale perda prestiti abbondanti e a buon mercato. Risultato? Il governo Scholz non procederà alla vendita di ulteriori quote come programmato, avendo ancora in possesso il 12% di Commerzbank. E insieme a Deutsche Bank vorrebbe disturbare l’operazione di Andrea Orcel, così da costringerlo alla resa. I tedeschi non vogliono che istituti di altri stati vengano in Germania a rompere gli equilibri tutti atipici della prima economia europea.

Francia chiusa ad acquisizioni estere

Il mercato unico in Germania esiste solo a parole. Berlino ne è il massimo difensore, partendo dalla premessa che essa sia predatrice e tutti gli altri stati comunitari siano prede.

Se c’è da comprare l’ex compagnia di bandiera italiana, quello è mercato. Se accade a parti inverse, diventa un fatto inaccettabile. E’ così anche in Francia. Nessuno si è mai sul serio avvicinato ad una banca francese, perché finirebbe (allegoricamente) appeso sotto un ponte a Londra. Il presidente Emmanuel Macron ha dichiarato questa estate che “se una banca spagnola volesse acquistare una francese, perché no?”.

Parole, parole, parole. Lo stesso Macron esordì da presidente bloccando la vendita già avvenuta di Stx a Fincantieri. Pensate che in campagna elettorale aveva accusato Marine Le Pen di voler smantellare il mercato unico opponendosi ad operazioni come queste. Il punto è che sarebbe cosa buona e giusta, se non fosse che a crederci siamo stati sempre e rimasti soltanto noi italiani. Per gli altri l’Unione Europea è sempre stata una condizione “win-win”: se c’è da esportare e da comprare asset altrove, bene; altrimenti, si frappongono ostacoli di natura burocratico-normativa e, se non bastasse, si arriverebbe alle minacce (pardon, pressioni) politiche vere e proprie.

Italia deserto industriale

L’Italia non ha più una compagnia telefonica in mano ad un soggetto nazionale, per non parlare di una compagnia aerea e persino di una casa automobilistica. Lo dobbiamo all’inesistenza di un capitalismo tricolore degno di questo nome. Ma c’è dell’altro. La verità è che i francesi o i tedeschi difendono a spada tratta le loro imprese e banche anche quando sono esempio di inefficienza produttiva. Nessuno conosce i bilanci delle Sparkassen, guarda caso sottratte alla vigilanza della Banca Centrale Europea e strettamente controllate dalla politica regionale. Lo fanno perché per loro il mercato unico non esiste, è sempre stato una presa in giro per fare shopping all’estero, spostare le produzioni nei loro territori e vendere agli altri beni dopo averne orchestrato le delocalizzazioni.

Mercato unico grande imbroglio

E fu così che la “fusione alla pari” tra l’ex Fiat e Peugeot è stato il cavallo di Troia di Parigi per mettere le mani su quanto rimaneva della casa italiana per acquisire tecnologie e know-how mancanti e smantellare gli stabilimenti nel Bel Paese. La politica italiana ha iniziato a capire con gravissimo e colpevole ritardo come funzioni davvero il mercato unico. A Vivendi è stato sottratto il giocattolo della rete Tim, mentre le è stato impedito di scalare Mediaset. E di recente la “golden power” inizia ad essere esercitata con maggiore frequenza a tutela di reti e know-how. Ma i buoi sono già scappati dalla stalla da un bel pezzo. L’Italia si è desertificata sul piano produttivo. Stiamo trasformandoci in un’economia di camerieri, albergatori e guide per turisti che vengono a portarci gli spiccioli dopo che i loro governi hanno gestito dietro le quinte lo smantellamento della nostra industria.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

1 Comment

  1. Una analisi lucida e purtroppo vera. Dove possiamo leggere altri articoli scritti da questo Autore? (il suo italiano è eccellente ed efficace. Non ha bisogno di infiorettarlo con termini di pidgin inglese al posto di sostantivi della lingua inglese colonialista)

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