Andare in pensione a 57 anni è possibile. Come canta Luciano Ligabue con il brano Tu sei lei: “Andando dritta sulla verità e mi regali un altro giorno in cui sembra tutto fermo. Ma tutto si trasforma, tutto si conferma”. Parole che potrebbero essere dedicate al mondo delle pensioni, dato che la normativa in merito è stato oggetto nel corso degli anni di continui cambiamenti, ma anche conferme. Ne è un chiaro esempio un metodo che esiste già e che il governo sembra intenzionato a confermare, grazie a cui è possibile andare in pensione all’età di 57 anni.
Pensione a 57 anni: il metodo che esiste già e che il governo ha confermato
Una misura grazie a cui è possibile andare in pensione a 57 anni è Quota 41 per lavoratori precoci. Ne possono fare richiesta i lavoratori che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età e che abbiano maturato almeno 41 anni di contributi. Ma non solo, devono rientrare almeno in una delle seguenti categorie:
- disoccupati in seguito a licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;
- riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%, così come accertato dalle commissioni mediche per il riconoscimento dell’invalidità civile;
- soggetti che svolgono lavori usuranti o gravosi;
- persone che prestano assistenza e convivono da almeno sei mesi con il coniuge o un famigliare non autosufficiente.
A conti fatti, quindi, per andare in pensione a 57 anni con quota 41 lavoratori precoci, una persona avrebbe dovuto iniziare a lavorare almeno all’età di 16 anni.
A proposito di uscita anticipata dal mondo del lavoro, inoltre, si ricorda che le lavoratrici non vedenti, a cui è stato riconosciuto uno stato di cecità assoluta o con un residuo visivo inferiore a un decimo, possono accedere al trattamento pensionistico all’età di 51 anni. Questo purché abbiano maturato almeno dieci anni di contributi.
Uscire anticipatamente dal mondo del lavoro grazie a R.I.T.A.
Un’altra misura che consente di lasciare il mondo del lavoro all’età di 57 anni è la cosiddetta R.I.T.A. Acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata, si presenta come una sorta di integrazione del reddito che consente al soggetto interessato di percepire un reddito fino al momento in cui matura i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia. Entrando nei dettagli, come spiegato sul sito della Covip, tale rendita:
“è condizionata al verificarsi, alla data di presentazione della domanda di accesso, delle seguenti condizioni:
-
cessazione dell’attività lavorativa;
-
raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa;
-
almeno 20 anni di contribuzione nei regimi obbligatori di appartenenza;
-
almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare”.
In alternativa devono essersi verificate le seguenti condizioni, ovvero:
-
“cessazione dell’attività lavorativa;
-
inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo superiore a 24 mesi;
-
raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi al compimento del periodo minimo di inoccupazione;
-
almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare (tre anni se il lavoratore si sposta in altro Stato membro)”.
Possono accedere alla R.I.T.A. tutti i lavoratori, a patto che abbiano aderito a una forma di previdenza complementare.