La crisi della Germania ha nome e cognome: Angela Merkel. E il suo rivale vuole cancellarne l’eredità

La Germania è in grave crisi e le responsabilità sono da ricondurre alla lunga e infruttuosa era Merkel. Un'eredità pesante per i tedeschi.
2 mesi fa
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Germania in crisi paga l'era Merkel
Germania in crisi paga l'era Merkel © Licenza Creative Commons

Una Germania così in crisi non si era vista. Non c’è solo l’economia ad andare male, ma anche la politica è nel caos e non s’intravedono germogli di speranza per il breve periodo. Gli istituti economici sentenziano: Pil in calo per quest’anno dello 0,1% dopo il -0,3% nel 2023. Unico caso nel mondo avanzato. L’anno prossimo, la crescita tornerà debole per appena lo 0,8%. Secondo i sondaggi federali, tutta la maggioranza che sostiene il governo di Olaf Scholz avrebbe meno del 30% dei consensi.

Verdi in caduta libera sotto il 10%, socialdemocratici dimezzati attorno al 13% rispetto al 2021 e liberali a rischio scomparsa sotto lo sbarramento del 5%.

Ex cancelliera responsabile per crisi in Germania

Se oggi si andasse a votare, vincerebbe il partito che fu di Angela Merkel con circa un terzo dei consensi. E da pochi giorni, vista la responsabilità che li attende, i conservatori hanno scelto di fatto il loro candidato cancelliere. Si chiama Friedrich Merz, 68 anni, della Renania Settentrionale Vestfalia, già capogruppo al Bundestag nei primi anni Duemila. Rivale acerrimo dell’allora cancelliera, nel 2009 lasciò la politica per dedicarsi agli affari. Tra l’altro, vanta una collaborazione con BlackRock, principale fondo obbligazionario mondiale.

Merz vuole cancellare quel che resta della lunga era Merkel. Non solo per riprendersi una rivincita personale. La crisi della Germania è in grossa parte addebitabile ai lunghi sedici anni di governi della cancelliera. Non vi fu alcuna liberalizzazione dell’economia, alcun investimento in infrastrutture e a favore dell’innovazione, mentre le frontiere furono spalancate in un solo colpo a 800 mila profughi siriani nel 2015. Fu il caos. Oggi, tra emergenza sicurezza e recessione i tedeschi sono imbufaliti e si stanno rivolgendo in misura crescente ad Alternativa per la Germania, un partito di destra anti-UE, che tutti gli altri tacciano di nazismo.

Era Merkel infruttuosa

Il lascito di Frau Merkel è a dir poco debole.

Tutti l’abbiamo lodata per il semplice fatto di averla vista per un periodo infinito alla guida della prima economia europea. Il punto è che la sua era fu così lunga grazie al suo accontentare tutti e nessuno. In tedesco è nato un nuovo vocabolo che porta il suo nome: “merkeln”. E non si tratta di alcunché di lusinghiero. Il verbo descrive quel temporeggiare tipico di chi non sa prendere subito una decisione.

Mentre persino l’Italia cercava di uscire dalla crisi innovandosi, pur tra grosse ristrettezze di bilancio, la Germania dormiva sugli allori. Le bastò perseguire il pareggio di bilancio (“Schwarze Null”) per distinguersi in positivo dalle “cicale” e raccogliere la fiducia del mercato. Una fiducia in parte mal riposta, perché se è vero che l’economia tedesca nel decennio pre-Covid andò relativamente bene, è altrettanto indubbio che poggiava le fondamenta su basi fragili: le esportazioni in Asia e l’energia importata a buon mercato dalla Russia. Entrambi i fattori sono stati intaccati da pandemia, tensioni con la Cina e guerra russo-ucraina.

Volkswagen e Commerzbank scuotono l’opinione pubblica

In queste settimane, Berlino affronta due dossier scottanti. Volkswagen, forse il più noto simbolo della Germania nel mondo, ha annunciato almeno 15 mila licenziamenti e la chiusura di due fabbriche. Il Green Deal imposto dai Verdi al governo non solo non ha dato i suoi frutti, ma ha trascinato nel baratro consumatori e produttori, non solo di auto. E poi c’è il caso Commerzbank, scalata già in parte da Unicredit. Politici e sindacati tedeschi non vogliono mollare le banche, che sono il carburante senza il quale il tessuto produttivo tedesco non si reggerebbe in piedi.

Tuttavia, le mancate riforme degli anni passati pesano anche sul mercato del credito. Pensate che la Germania, terza economia mondiale, ha come prime due banche Deutsche Bank e Commerzbank.

La prima vale in borsa meno di 31 miliardi di euro, la seconda ne valeva 14,2 prima che Unicredit la iniziasse a scalare. In poche settimane ha guadagnato quasi il 30% sulla prospettiva di un’OPA. A titolo di confronto, la prima banca italiana, cioè Intesa Sanpaolo, in borsa valeva ieri 70,50 miliardi e Unicredit, la seconda, 64,30 miliardi. E l’Italia è terza economia europea, spesso nel mirino per le sue gravi inefficienze nel settore pubblico e per un tessuto produttivo di piccole dimensioni.

Eredità Merkel da cancellare per Merz

Capite meglio ora perché Merz voglia cancellare l’eredità merkeliana. Tre i punti promessi già agli elettori: liberalizzazioni dell’economia, aumento della spesa militare e chiusura delle frontiere ai migranti. La Cdu-Csu torna alla sua identità conservatrice, che per troppi anni era stata spostata a sinistra dalla cancelliera, madre e padrona del partito. Ma far uscire la Germania dalla crisi non sarà un percorso breve. Anzitutto, perché i conservatori sono sì in forte vantaggio nei sondaggi, ma lontanissimi dalla maggioranza assoluta dei seggi. Per governare avranno bisogno di alleati. Esclusa l’AfD, rischiano di dover formare un ennesimo governo con i rivali socialdemocratici e di mercanteggiare ancora una volta per ogni misura da varare.

L’era Merkel sarà anche finita, ma se i tedeschi hanno inventato un verbo a suo nome, è perché evidentemente immaginano di doverlo usare ancora a lungo. La crisi della Germania è più profonda di quanto crediamo. Sta venendo giù un modello, serve reinventarsi e ripensarsi in Europa e nel mondo. Stanno ritorcendosi contro le bugie propinate per decenni agli elettori da una classe politica in difesa dello status quo, nella convinzione che ciò avrebbe sempre e comunque avvantaggiato gli interessi nazionali tedeschi.

Crisi in Germania per mancate riforme

Sarà dura spiegare all’opinione pubblica che senza una Unione Europea dotata di risorse proprie, la competizione con Stati Uniti e Cina è persa in partenza. E che sarà necessario varare riforme anche impopolari per tornare a crescere e superare la crisi della Germania.

Una sola – quella del lavoro e degli ammortizzatori sociali – fu introdotta nel 2004 ad opera del socialdemocratico Gerhard Schroeder, che pagò con la cancelleria. Ne raccolse i frutti la cancelliera, che per il resto credette che Berlino fosse immune dalle leggi dell’economia.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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