Riforma delle pensioni e poi aspettativa di vita: per le pensioni i prossimi 3 anni saranno neri

Riforma delle pensioni e nuovi adeguamenti all'aspettativa di vita e per le pensioni si apre il periodo nero che porta al 2027.
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Riforma delle pensioni e poi aspettativa di vita, e per le pensioni in prossimi 3 anni saranno neri
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Ormai quasi tutti hanno abbandonato le speranze che dalla riforma delle pensioni possano emergere nuove misure più favorevoli per i pensionati. Anzi, molti stanno perdendo fiducia persino nella possibilità che venga introdotta una vera riforma delle pensioni.

Le indiscrezioni che accompagnano il varo della legge di Bilancio non sono incoraggianti. Purtroppo, il percorso per soddisfare le richieste dei sindacati, ad esempio, è tortuoso. Le pensioni flessibili, di cui si parlava da anni, sono ormai un lontano ricordo. Anche la quota 41 per tutti, nonostante venga periodicamente riproposta da chi ne ha fatto un cavallo di battaglia, come i rappresentanti della Lega di Matteo Salvini, sembra ormai un’idea sbiadita.

Sembra sempre più probabile che si vada verso nuovi inasprimenti delle regole pensionistiche, piuttosto che verso il superamento della legge Fornero. Presto, inoltre, finirà lo stop agli adeguamenti per l’aspettativa di vita, che negli ultimi anni hanno almeno congelato i requisiti. Ecco cosa si prevede per i prossimi anni, e purtroppo le ipotesi non sono tra le più favorevoli per i lavoratori.

Riforma delle pensioni e aspettativa di vita: per le pensioni i prossimi 3 anni saranno neri

Partiamo dai più recenti indizi sulle modifiche che il governo potrebbe introdurre in ambito pensionistico. Già il fatto di essere arrivati, come sempre, alla fine dell’anno in vista della legge di Bilancio, con le solite proroghe delle misure esistenti come l’Ape sociale, Opzione Donna o la quota 103, è un segnale chiaro. Ogni anno, sin dai primi mesi, si parla di riforma delle pensioni, di nuove misure e del superamento della legge Fornero. Spesso emergono anche nuove ipotetiche soluzioni, come pensioni per quote o l’estensione di Opzione Donna anche agli uomini, oppure la celebre quota 41 per tutti e la pensione flessibile dai 62 o 63 anni.

Con il passare dei giorni e dei mesi, però, queste ipotesi diventano meno popolari.

Si comincia a fare i conti con la spesa pubblica, arrivano i rapporti dell’INPS, il Documento di Economia e Finanze, e aumentano anche i diktat europei sulla necessità di salvaguardare la finanza pubblica. Alla fine, quando arriva il momento della legge di Bilancio, l’unica soluzione sembra essere confermare le vecchie misure e prendere tempo per rinviare tutto all’anno successivo.

La proroga ormai probabile di Ape sociale, Opzione Donna e quota 103 è più di un segnale che di nuove misure si parlerà ben poco. Potrebbe essere anche un segnale che il governo, con la proroga di questi strumenti di pensionamento anticipato, intenda mettere mano alle misure ordinarie. E il modo in cui potrebbe farlo non può che destare preoccupazione.

Cosa succede alle finestre di decorrenza delle pensioni anticipate?

Senza voler creare allarmismi, è importante ricordare che stiamo parlando di ipotesi. Fasciarsi la testa ora sarebbe prematuro. Tuttavia, è vero che il governo sta valutando l’ipotesi di inasprire le finestre di decorrenza per la pensione anticipata ordinaria. Attualmente, per andare in pensione con l’anticipata, occorre aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi per le donne. Tuttavia, il primo rateo non decorre dal mese successivo al raggiungimento dei requisiti, ma solo dopo 3 mesi. Questa finestra, però, potrebbe presto essere estesa, e non in meglio.

Si sta studiando un innalzamento a 6 o 7 mesi, per allineare anche la pensione anticipata ordinaria a quella dei “quotisti” (la quota 103 prevede oggi una finestra di 7 mesi per il settore privato e 9 mesi per il pubblico impiego).

Anche se i requisiti per la pensione anticipata non dovessero cambiare, una finestra così lunga rappresenterebbe un inasprimento significativo, costringendo i lavoratori a restare in servizio altri 4 mesi rispetto a oggi. Aspettare 7 mesi senza reddito è ben diverso da attendere 3 mesi.

La riforma delle pensioni al palo? Meno male, perché potrebbero salire anche i contributi per la pensione di vecchiaia

Anche per la pensione di vecchiaia si stanno delineando novità che fino a poco tempo fa non erano all’orizzonte. L’inasprimento non riguarderebbe l’età di uscita, ma i contributi. Si sta facendo strada l’idea che 20 anni di contribuzione minima per la pensione di vecchiaia siano insufficienti. La riforma delle pensioni potrebbe modificare questo parametro, ormai fisso da decenni, aumentando i contributi minimi per la pensione ordinaria. Potrebbero presto diventare necessari ben 25 anni di contribuzione.

In pratica, si tratterebbe di 5 anni di lavoro in più per andare in pensione al raggiungimento dell’età pensionabile. Nulla di certo, e probabilmente questa è la misura più lontana dall’essere adottata, almeno al momento. Ma, come si dice spesso, se se ne parla, un fondo di verità potrebbe esserci.

L’aspettativa di vita e l’innalzamento dei requisiti

Se quelle prima citate sono ipotesi, più o meno distanti dal diventare realtà, presto si abbatterà sul sistema un’altra misura che non possiamo considerare ipotetica. Infatti, dopo anni di sospensione degli adeguamenti dei requisiti di accesso alla pensione in funzione dell’aspettativa di vita, questi adeguamenti potrebbero tornare.

Fino al 2026, probabilmente, i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia e i contributi necessari per la pensione anticipata resteranno invariati: 67 anni di età per la vecchiaia e 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) per l’anticipata. Tuttavia, dal 1° gennaio 2027, come previsto dal meccanismo biennale, questi requisiti potrebbero tornare a crescere.

L’aumento della vita media porta inevitabilmente a un inasprimento dei requisiti. L’incremento dovrebbe essere di due mesi, ma c’è chi ipotizza anche un aumento di tre mesi. L’età pensionabile potrebbe quindi salire a 67 anni e 2 mesi, mentre i contributi per la pensione anticipata arriverebbero a 43 anni esatti. Se a questi adeguamenti, che non si registravano dal 2019, si aggiungessero anche le conferme sulle finestre di decorrenza e sui contributi per la vecchiaia, ecco che il tema della riforma delle pensioni tornerebbe ad essere più che mai attuale.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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