Il 10 ottobre rappresenta una data cruciale per chi desidera ridurre il peso dell’acconto IRPEF. Entro questa scadenza, infatti, i contribuenti hanno l’opportunità di richiedere al proprio sostituto d’imposta — sia esso datore di lavoro o ente pensionistico — di applicare una trattenuta minore sulla busta paga del mese di novembre rispetto a quanto indicato nel prospetto di liquidazione del Modello 730 presentato entro il 30 settembre.
La richiesta deve essere espressa in forma scritta e inviata direttamente al sostituto d’imposta.
Quando è possibile richiedere un minore acconto IRPEF
Il pagamento ridotto del secondo acconto IRPEF, che normalmente scade a novembre e riguarda le imposte relative all’anno in corso, è ammesso in diverse circostanze. Una delle principali motivazioni risiede nella riduzione dei redditi rispetto all’anno precedente.
Ad esempio, se nel 2024 si prevede un reddito inferiore rispetto a quello dichiarato per il periodo d’imposta 2023 (Modello 730/2024), è possibile richiedere che l’acconto venga calcolato su una base inferiore. Inoltre, lo stesso discorso vale anche se, pur mantenendo lo stesso livello di reddito, si prevede di beneficiare di maggiori detrazioni e deduzioni che abbassano l’imponibile complessivo.
In queste situazioni, la trattenuta dell’acconto sullo stipendio o sulla pensione può risultare eccessiva rispetto a quanto effettivamente dovuto, generando un credito che verrà rimborsato solo con la dichiarazione dei redditi successiva.
Ecco, quindi, che nella scadenze fiscali di ottobre 2024, si inserisce la domanda per il minor acconto IRPEF.
Scadenza e modalità di calcolo dell’acconto IRPEF
L’acconto IRPEF è suddiviso in due rate: la prima con scadenza a giugno e la seconda che, quest’anno, a causa della coincidenza del 30 novembre con un sabato, slitta al 2 dicembre.
Nel caso in cui l’IRPEF superi tale soglia, si aprono due strade. Il versamento in due rate (40% a giugno e 60% a novembre) oppure in un’unica soluzione entro la scadenza di novembre. La suddivisione in due rate è obbligatoria quando l’imposta dovuta è pari o superiore a 257,52 euro. Diversamente, si paga un un’unica rata di acconto (a novembre) qualora l’importo sia inferiore a questa cifra.
Il metodo appena esposto è quello di “calcolo storico”.
Attenzione ai rischi del calcolo previsionale
Sebbene la possibilità di versare un acconto ridotto possa risultare interessante, è essenziale fare molta attenzione alla corretta stima dell’importo effettivamente dovuto. Il contribuente che opta per il metodo previsionale — ossia calcolare l’acconto basandosi sul reddito effettivo dell’anno in corso e non su quello storico — deve essere certo delle proprie previsioni. Se, al momento della dichiarazione definitiva del reddito per il 2024 (tramite il Modello 730/2025), dovesse emergere che gli acconti versati sono inferiori rispetto a quanto effettivamente dovuto, il contribuente si troverebbe a dover saldare l’imposta residua con l’aggiunta di sanzioni per versamento insufficiente.
È importante sottolineare che, in caso di errore nella previsione, è comunque possibile regolarizzare la propria posizione mediante il cosiddetto “ravvedimento operoso“. Questo strumento consente di sanare eventuali discrepanze versando spontaneamente la differenza con una sanzione ridotta rispetto a quella ordinaria. Tuttavia, è bene cercare di evitare situazioni del genere, poiché le sanzioni e gli interessi possono comunque rappresentare un aggravio economico.
Riassumendo…
- Richiedere un minore acconto IRPEF entro il 10 ottobre per ridurre la trattenuta di novembre.
- Possibile se si prevede un reddito 2024 inferiore o maggiori detrazioni rispetto al 2023.
- L’acconto IRPEF si paga in due rate o in un’unica soluzione.
- Attenzione al calcolo previsionale: sanzioni se gli acconti risultano insufficienti rispetto al dovuto.
- Il ravvedimento operoso consente di sanare eventuali errori con sanzioni ridotte.