I toni trionfali di Putin non riescono più a mascherare la crisi russa, i rubli stanno finendo

Non bastano più le chiacchiere di Putin per coprire la crisi russa. I tassi di interesse sono alle stelle e il rublo collassa sui mercati.
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Crisi russa, malgrado toni trionfali di Putin
Crisi russa, malgrado toni trionfali di Putin © Licenza Creative Commons

A leggere i dati sul Pil sembrerebbe che l’economia russa stia andando abbastanza bene. Per quest’anno le più recenti stime di crescita parlano di un +3,9% dal +3,6% del 2023. L’Eurozona dovrebbe fermarsi sotto l’1% e persino gli Stati Uniti farebbero peggio con una stima del 2,7% per S&P. Ma né questi numeri, né i toni trionfali costantemente sfoggiati dal presidente Vladimir Putin riescono più a celare la crisi russa in corso.

Crisi russa, rublo al collasso

In meno di un anno e mezzo, la Banca di Russia ha dovuto aumentare i tassi di interesse dal 7,5% al 19%.

Il fatto è che l’inflazione, che era scesa fino al minimo del 2,3% nella primavera dello scorso anno, nell’agosto scorso era risalita al 9,1%. La causa principale? Il collasso del rublo. Ricordate quando subito dopo l’invasione dell’Ucraina la valuta emergente era prima sprofondata ai nuovi minimi storici e subito dopo risalita su tassi più forti di prima? Il gioco della banca centrale non ha retto a lungo. Dopo avere toccato un minimo di circa 53 rubli contro un dollaro quasi due anni e mezzo fa, ha iniziato a deprezzarsi e attualmente per comprare un biglietto verde di rubli ne servono più di 96.

Un deprezzamento del 45%, che chiaramente aumenta il costo delle importazioni e si riflette sui prezzi al consumo. Non solo. Le sanzioni finanziarie e commerciali dell’Occidente hanno tagliato la Russia fuori dai mercati internazionali. E’ vero che stia riuscendo a sfuggire a gran parte di esse tramite triangolazioni commerciali con paesi come l’Azerbaijan, ma ciò ha un costo. Cosa ancora più grave, a Mosca non arrivano più dollari (ed euro, ecc.).

Tassi su, ma stato a corto di dollari

Se ci pensate bene, ora che i tassi di interesse stanno salendo e in Occidente stanno scendendo, ci dovrebbe essere la fila di investitori stranieri per acquistare titoli del debito russo.

Invece, non è né tecnicamente possibile, salvo incorrere in sanzioni da parte di Nord America ed Europa, né conveniente. In effetti, chi vuole acquistare asset emessi da uno stato paria?

Ok, ma allora come si spiega la crisi russa se l’economia cresce, mentre da noi arranca e la Germania è in recessione? Due paroline magiche: spese militari. Il governo ha presentato alla Duma il budget per il 2025, che prevede un aumento di questa voce di bilancio del 25% a 13.500 miliardi di rubli (oltre 140 miliardi di dollari). Sommando la spesa per la sicurezza, arriviamo a 17.000 miliardi di rubli (177 miliardi di dollari), l’8,1% del Pil. Sarà un importo pari a circa un terzo dell’intera spesa pubblica stimata. E gli stanziamenti a favore dello stato sociale si ridurranno del 16%, passando da 7.700 a 6.500 miliardi di rubli (67,50 miliardi di dollari).

Russia economia di guerra

La Russia è un’economia di guerra bella e buona. Più cannoni e meno burro. La sua spesa militare ammontava a 66 miliardi di dollari nel 2021, anno precedente all’invasione dell’Ucraina, qualcosa come il 3,7% del Pil. Dunque, da allora è praticamente più che raddoppiata. Ciò sta sostenendo la crescita economica, ma al costo di privare gli altri settori delle risorse necessarie per produrre beni e servizi necessari a soddisfare le esigenze primarie della popolazione. Anche perché tutto il personale militare è salito a 2,4 milioni di unità. Braccia sottratte all’agricoltura e alle fabbriche. Le imprese non trovano manodopera, specie qualificata, e sono costrette a limitare la produzione.

Le riserve valutarie ammontavano a 630 miliardi di dollari poco prima dell’inizio della guerra, mentre adesso sono di 614 miliardi, inclusi i circa 300 miliardi “congelati” in Europa e Nord America. Sottraendo i quasi 190 miliardi di dollari in oro a fine agosto, a disposizione vi sarebbero realmente poco più di 100 miliardi.

L’aumento dei tassi serve al governatore Elvira Nabiullina a trattenere i capitali in patria, evitando che vadano all’estero, anche per vie traverse, in cerca di sicurezza contro i rischi finanziari in patria.

Crisi russa accorcia l’orizzonte temporale bellico

A queste condizioni non è insensato affermare che Putin non possa permettersi di proseguire a lungo la guerra. Sul campo di battaglia, le incursioni ucraine nel suo territorio hanno arrestato le vittorie delle truppe russe dopo mesi di avanzata trionfale. Ma il vero nemico è finanziario per il Cremlino. I rubli languono, il cambio sprofonda, la produzione resta al 60% della capacità massima, l’inflazione sale e i tassi anche. La crisi russa è diventata il grande alleato di Kiev, perché costringe il nemico ad accorciare i tempi dell’operazione bellica, spingendolo anche a commettere errori sul fronte. La data chiave resta il 5 novembre, giorno in cui sapremo se Putin dovrà vedersela con Donald Trump o con Kamala Harris.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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