Aumento accise sulle sigarette di 5 euro, chi è a favore e chi contro e cosa non torna della proposta

Le accise sulle sigarette potranno aumentare di 5 euro su ogni pacchetto se passa la proposta degli oncologi in Parlamento.
6 ore fa
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Accise sulla sigarette, rincaro di 5 euro?
Accise sulla sigarette, rincaro di 5 euro? © Licenza Creative Commons

Gli animi di circa dieci milioni e mezzo di fumatori sono in agitazione da giorni. L’Associazione italiana di oncologia medica ha presentato una proposta per l’aumento delle accise sulle sigarette di 5 euro al pacchetto. Il Senato ha dichiarato “ammissibile” tale proposta, che sarà eventualmente presentata sotto forma di emendamento alla legge di Bilancio del governo. Da chi? Si sono espressi in favore esponenti sia del Partito Democratico che del Movimento 5 Stelle, mentre la maggioranza di centro-destra non ha preso una posizione ufficiale.

Ha fatto trapelare, tuttavia, “freddezza” sul testo. Neanche il resto delle opposizioni si è finora espresso, da Alleanza Sinistra-Verdi a Italia Viva di Matteo Renzi, passando per Azione di Carlo Calenda e +Europa di Emma Bonino.

Accise su sigarette per combattere le malattie

Il tema è scottante. Gli oncologi hanno confermato che il fumo delle sigarette rappresenterebbe il 90% delle cause di tumore al polmone e forte concausa di altre numerose neoplasie, il cui costo complessivo per il servizio sanitario arriva a 25 miliardi di euro all’anno. I morti legati a questa abitudine ammonterebbero a 93.000 ogni anno. Le accise sulle sigarette già oggi valgono intorno al 60% del prezzo finale. Tuttavia, l’Italia resta tra i Paesi nel mondo ricco in cui fumare è meno costoso. Per un pacchetto da 20 della principale marca qui si spendono 6,20 euro contro i 6,46 euro in Germania e Polonia, i 12 euro in Inghilterra, i 12,50 euro in Francia, mentre tra le grandi economie solo la Spagna ci batte con 5,54 euro.

L’idea degli oncologi è questa: utilizzare l’extra-gettito delle accise sulle sigarette per potenziare il Servizio sanitario nazionale. I maggiori incassi vengono stimati in 13,8 miliardi di euro all’anno. Secondo l’associazione, a fronte di un aumento del prezzo del 10%, i consumi si ridurrebbero del 4%. A conti fatti, visto che l’aumento proposto inciderebbe per circa l’85% del prezzo attuale, dovremmo attenderci un calo dei consumi intorno al 33%.

Sanità sotto-finanziata

Il governo è, come ogni anno, a caccia di risorse per le mille necessità che emergono in sede di redazione della legge di Bilancio. La sanità è diventata il problema dei problemi negli ultimi anni. Spenderemo 130 miliardi nel 2024 per questo servizio pubblico, ma l’utenza nota come sia sempre più depotenziato a causa delle risorse carenti. Liste di attesa infinite, macchinari insufficienti, così come medici e infermieri in corsia e carenza persino di medici di base stanno spingendo sempre più le famiglie a rivolgersi alla sanità privata. In ogni caso, sostengono un doppio costo: fiscale e direttamente attraverso mezzi propri. E non tutte hanno la possibilità di curarsi da privato con il rischio che certe patologie s’incancreniscano o si rivelino fatali per il paziente meno abbiente.

Pensate cosa potrebbe fare lo stato con l’extra-gettito stimato dall’Aiom. Fosse anche inferiore ai quasi 14 miliardi attesi, sarebbe una grossa boccata di ossigeno per gli ospedali, in particolare. Ma siamo sicuri che questo maggiore denaro incassato sarebbe destinato a finanziare tale voce di spesa? Non saremmo in presenza di una vera tassa di scopo, sebbene l’obiettivo dichiarato fosse tale. Lo stato italiano non è molto credibile quando si tratta di vincolare voci di entrate a determinate spese. C’è il concreto scenario di stangare milioni di famiglie, salvo ritrovarci tra un anno o poco più a parlare di quanto la sanità sia rimasta sotto-finanziata. Il maggiore gettito alimenterebbe il calderone della spesa pubblica e nessuno vedrebbe veramente il becco di un quattrino.

Consumi in calo con stangata?

Altro dilemma: davvero un aumento così radicale delle accise sulle sigarette potrà disincentivare al fumo o portare a una riduzione dei consumi di tabacchi? Nella generalità dei casi, può essere. C’è un rischio di cui si parla negli ambienti della maggioranza, ossia che molte famiglie in cui uno o più componenti fumano, siano dipendenti dalla nicotina al punto da accettare di sostenere l’onere anche privandosi del necessario (istruzione per i figli, ecc.) e incorrendo in gravi difficoltà finanziarie.

Il discorso è molto complesso. Fumare non è certamente qualcosa di primario come mangiare, vestirsi, curarsi o andare a scuola. Né può essere considerato un hobby. Senza voler dare giudizi moralistici, se ne può fare a meno. Il guaio è che la dipendenza che genera non è facilmente debellabile. Chi fuma, spesse volte non vorrebbe neanche farlo e preferirebbe spendere altrimenti il suo denaro. In un certo senso, è come se ci fosse una ridotta capacità di giudizio nel momento stesso in si desideri fumare. E’ corretto stangare tale “vizio” con il rischio di alimentare disagio sociale tra le fasce di reddito più in difficoltà?

Tartassare solo il fumo?

Negli ultimi venti anni, il costo delle sigarette per pacchetto da venti è cresciuto del 75%. Nello stesso periodo, l’inflazione italiana è risultata essere stata del 43,5%. Significa che fumare oggi costa di più del 2004 anche in termini reali e in relazione al proprio stipendio. Una retribuzione lorda media di un lavoratore metalmeccanico di fascia C3 (ex 5) è attualmente di 2.130 euro, in aumento del 69% rispetto a un ventennio fa. Pur di poco, quindi, le sigarette sono rincarate di più in proporzione.

D’altra parte non è così malsana l’idea che i prodotti che causano costi provati a carico della collettività (le cosiddette “esternalità negative”) vengano tassati. Ma anche qui si aprirebbe un dibattito tutt’altro che semplice. Le sigarette non sono di certo l’unico bene a fare male alla salute. Pensate per un attimo ai danni dell’alcool, spesso tra i giovanissimi. Dovremmo tassare anche vino e superalcolici? E se sì, quale impatto avrebbe un simile provvedimento su settori vitali per l’economia domestica, il famoso Made in Italy?

Accise sigarette, finalità dubbie

Infine, le accise sulle sigarette già oggi contribuiscono al gettito dello stato per 15 miliardi all’anno.

Non sembra che i governi abbiano mai legato tale entrata ad alcun finanziamento specifico. Risulta poco credibile affidarsi a generici impegni verbali per il futuro. La tentazione sarà di approfittare delle maggiori entrate per distribuire prebende varie e accontentare varie fasce dell’elettorato. L’unica apparente certezza sembra essere di un aumento delle accise molto più contenuto dei 5 euro proposti dall’Aiom. Non guasterebbe incassare qualche miliardo in più all’anno e, in fondo, dopo essere scampati alla super-stangata persino i fumatori sarebbero indotti a subire passivamente il nuovo onere. Metti una persona dinnanzi a due scelte svantaggiose e si convincerà della necessità di accettare quella per essa meno costosa.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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