Rivalutazione delle pensioni: ecco i calcoli, gli aumenti e i tagli che generano polemiche feroci

Ecco le cifre di aumento del 2025, i tagli, le percentuali e come funziona il meccanismo della perequazione che sta facendo tanto discutere e polemizzare.
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4 ore fa
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Aumento pensioni 2025
Foto © Pixabay

Le pensioni sembrano essere diventate il bancomat del governo, e come spesso accade, i pensionati si trovano a pagare il prezzo delle manovre di bilancio. Partendo da questa premessa, che riassume le polemiche seguite alle dichiarazioni del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante l’audizione sul PSB (Piano Strutturale di Bilancio), è importante capire cosa sta accadendo. Il dibattito si concentra sull’aumento pensioni che subirà tagli legati alla rivalutazione annuale.

Secondo quanto dichiarato dal ministro, sembra che il meccanismo di rivalutazione resterà invariato rispetto allo scorso anno, il che comporterà aumenti inferiori al tasso di inflazione per molti pensionati.

Anche se si parla di “tagli”, le pensioni non subiranno riduzioni di importo. Il taglio riguarda l’aumento previsto, che sarà ridotto. Vediamo nel dettaglio come funzionerà questo meccanismo.

Rivalutazione delle pensioni: calcoli, aumenti e tagli che alimentano le polemiche

Molti pensionati, come il nostro lettore, si trovano in una situazione di preoccupazione. Le polemiche, che si sono intensificate dopo l’audizione di Giorgetti, riguardano i tagli alle pensioni oltre una certa soglia, dovuti al meccanismo della perequazione.

Questo sistema era stato accusato di incostituzionalità, tanto da essere portato davanti alla Corte Costituzionale, che dovrà stabilire se viola i principi della nostra Carta. Nonostante le attese di un possibile cambiamento, Giorgetti ha dichiarato che la situazione probabilmente rimarrà invariata anche per il 2025. Sia per quanto riguarda le misure di pensionamento anticipato sia per la rivalutazione dell’aumento delle pensioni già in essere. Le parole del ministro hanno scatenato le opposizioni, che parlano di nuovi sacrifici per i pensionati.

Come funziona la perequazione e quali sono le ipotesi

Al centro delle critiche vi è il meccanismo della perequazione, che regola l’indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione. Non è la prima volta che misure legate alla perequazione finiscono davanti alla Corte Costituzionale: era già accaduto con la legge Fornero, che aveva bloccato l’indicizzazione per i dipendenti pubblici e per alcune pensioni.

Ora, la perequazione delle pensioni del 2024 è nuovamente sotto i riflettori. Le polemiche nascono da due anomalie. La prima riguarda la progressività: maggiore è la pensione, minore è la percentuale di indicizzazione. Se l’indicizzazione non copre completamente il tasso di inflazione, la pensione perde potere d’acquisto.

La seconda anomalia è che le percentuali inferiori di perequazione si applicano all’intera pensione, non solo alla parte eccedente una certa soglia. Attualmente, le fasce di perequazione adottate nel PSB (e che il governo potrebbe confermare) sono le seguenti:

  • 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 85% per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 54% per le pensioni tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 47% per le pensioni tra 6 e 8 volte il minimo;
  • 37% per le pensioni tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 22% per le pensioni oltre 10 volte il minimo.

I calcoli e le cifre fascia per fascia

Al momento non sappiamo quale sarà il tasso di inflazione che l’INPS utilizzerà per adeguare le pensioni nel 2025, in quanto siamo in attesa della certificazione dell’ISTAT. Tuttavia, ipotizzando un tasso di perequazione dell’1,6% e partendo da un trattamento minimo di 600 euro al mese (che nel 2025 salirà leggermente rispetto ai 598,61 euro del 2024), ecco le cifre previste per gli aumenti e le perdite fascia per fascia:

  • 1.000 euro di pensione: aumento del 1,6%, pari a 16 euro al mese, 208 euro annui;
  • 2.000 euro di pensione: aumento del 1,6%, pari a 32 euro al mese, 416 euro annui;
  • 3.000 euro di pensione: aumento del 1,36%, pari a 40,80 euro al mese, 530,40 euro annui, con una perdita di 93,60 euro annui;
  • 3.600 euro di pensione: aumento del 0,864%, pari a 31,10 euro al mese, 404,35 euro annui, con una perdita di 344,50 euro annui;
  • 4.800 euro di pensione: aumento del 0,752%, pari a 36,10 euro al mese, 469,30 euro annui, con una perdita di 529,10 euro annui;
  • 5.900 euro di pensione: aumento del 0,592%, pari a 34,93 euro al mese, 454,09 euro annui, con una perdita di 773,11 euro annui;
  • 7.000 euro di pensione: aumento del 0,352%, pari a 24,64 euro al mese, 320,32 euro annui, con una perdita di 1.135,68 euro annui.

Questi sono i numeri che mostrano come il meccanismo di perequazione, pur garantendo un aumento nominale, comporti una riduzione significativa dell’aumento previsto per le pensioni di importo più elevato, lasciando molti pensionati preoccupati per il loro potere d’acquisto.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

  1. Ma anche basta,dare denaro a Chi ha voluto versare poco x evadere,e Chi ha pagato tutto x 44 anni si vede decurtato la rivalutazione, speriamo nella consulta3

  2. Assurdo ed Incostituzionale non adeguare le Pensioni di chi ha pagato tutti i contributi per oltre 43 anni… VERGOGNAAA!!!

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