La lotta all’evasione fiscale funziona, checché ne dica la stampa portatrice di pessimismo cosmico e detentrice di verità slegate dai numeri. I numeri al 2021 ci raccontano di un “tax gap” (distanza tra tasse effettivamente riscosse e tasse teoricamente da riscuotere) di 82 miliardi di euro. Superava i 100 miliardi nel 2019. Di questi, 72 miliardi sono relativi all’evasione delle imposte, mentre i restanti 10 miliardi ai mancati contributi previdenziali. Ma sono numeri che impallidiscono dinnanzi alla dimensione del magazzino dei crediti fiscali: 1.206,6 miliardi al 31 dicembre 2023.
Riscuotibile non oltre il 5%
Cosa sono? Mancati pagamenti accertati per tasse e contributi, ma che lo stato non è ancora riuscito a riscuotere. Rispetto all’anno precedente risultavano in calo di 112 miliardi per effetto della rottamazione delle cartelle esattoriali. Afferiscono a 22,4 milioni di contribuenti, i quali hanno ricevuto nel complesso 163 milioni tra avvisi e cartelle. Per ammissione della stessa Agenzia, 483 miliardi risultano inesigibili, perché chi li dovrebbe pagare o è morto o nullatenente o fallito.
Ogni anno che passa la cifra inesigibile tra i crediti fiscali cresce. Più tempo passa e più contribuenti muoiono o società chiudono. A dire il vero, calcoli più realistici arrivati negli ultimi anni dagli stessi governi che si sono succeduti stimano in non più di 50-60 miliardi l’ammontare che effettivamente lo stato può riscuotere. E ciò avverrebbe verosimilmente a seguito di uno sforzo titanico della macchina amministrativa. In pratica, se ci sforzassimo come mai prima, riusciremmo ad incassare (e chissà in quanti anni) il 5% del dovuto.
Numeri da stato fallito
Questi numeri fanno pietà, sono la dimostrazione di uno stato fallito. Abbiamo un debito pubblico che viaggia spedito verso i 3.000 miliardi e che teoricamente potremmo abbattere del 40% se solo fossimo capaci di riscuotere i crediti fiscali. Poiché non lo siamo, tutto resterà sulla carta. Il magazzino dell’Agenzia, spiace dirlo, dimostra che la lotta all’evasione fiscale oltre un certo punto sia persino inutile, com’è inutile immaginare che lo stato incasserebbe fino all’ultimo centesimo tra imposte e contributi se i pagamenti avvenissero solo con carta.
Il problema è che abbiamo leggi fatte apposte per favorire i furbi, nonché una Pubblica Amministrazione che in molti casi non ha senso di esistere. Sappiamo tutto o quasi di chi evade, ma non riusciamo e vogliamo che paghino. I loro averi rimangono alla luce del sole, mentre i titolari fanno marameo ai concittadini che pagano per mantenere anche i loro servizi. Non stiamo parlando degli spiccioli, di chi evade una miseria e magari per tirare avanti. I crediti fiscali afferiscono in buona parte a vere e proprie frodi, messe in atto da società apri e chiudi che prendono dallo stato sussidi e non versano neanche un euro di Iva o Ires.
Crediti fiscali tengono alto il debito
Uno stato serio non partirebbe dalla lotta all’evasione, bensì dallo smaltimento del magazzino dei crediti fiscali. Anche ricorrendo a saldi e stralci generalizzati, purché inflessibili. Manca la volontà politica. Lo spiegano i numeri. I contribuenti che dovrebbero pagare, sarebbero quasi il 40% del totale degli abitanti. Nessun governo ha il coraggio di mettersi contro una percentuale così elevata di cittadini-elettori. E allora meglio fare la faccia dura per il futuro, salvo non mutare alcuna delle regole e i meccanismi burocratici che hanno impedito la riscossione dei crediti passati. Vista l’attuale spesa per interessi, il costo di questa inettitudine è stimabile in almeno una quarantina di miliardi all’anno. Soldi che spendiamo per onorare un debito più alto di quanto dovrebbe, se riuscissimo a smaltire il magazzino delle cartelle.