Petrolio e gas ora disinflazionano l’economia europea, ecco i dati di ottobre

I dati per la prima metà di ottobre indicano che petrolio e gas non starebbero più sostenendo l'inflazione, ma al contrario la riducono.
2 mesi fa
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Petrolio e gas non più fonte di inflazione
Petrolio e gas non più fonte di inflazione © Licenza Creative Commons

Ricordate come iniziò la storia con l’inflazione europea? Uscivamo dal periodo più buio del Covid. La domanda ripartiva a razzo dopo anni di chiusure, mentre l’offerta risentiva ancora dell’interruzione delle lunghe catene di produzione, specie per i nuovi “lockdown” in Asia. I prezzi esplosero e ci pensarono petrolio e gas a rendere il fenomeno ancora più allarmante con l’invasione russa dell’Ucraina. Agli inizi del 2022 il greggio arrivò a costare anche più di 120 dollari al barile, arrivando ai massimi dal 2012.

E il prezzo del gas schizzò a 340 euro per Mega-wattora nell’estate seguente, quando eravamo abituati a prezzi sui 15-25 euro alla Borsa di Amsterdam.

Boom petrolio e gas nel 2022

Il grafico dell’inflazione dimostra quanto il fenomeno del carovita fu strettamente legato proprio ai rincari di petrolio e gas. L’indice dei prezzi al consumo su base annua toccava l’indice nell’autunno di due anni fa e raggiungeva la crescita massima in molti paesi dell’area da inizio anni Ottanta.

Grafico inflazione Eurozona
Grafico inflazione Eurozona © Licenza Creative Commons

Rischi da nuove tensioni geopolitiche

La situazione sarebbe mutata a vantaggio dell’economia europea subito dopo. Già tra la fine del 2022, vuoi per un inverno poco freddo e vuoi anche per la capacità degli stati di approvvigionarsi su altri mercati dell’energia, la tensione si allentava. Gradualmente, i tassi d’inflazione scendevano fino a sgonfiarsi visibilmente un anno fa per il noto “effetto base“. Esso nasce dal confronto con l’indice dei prezzi elevato di un anno prima. Tuttavia, nuove tensioni geopolitiche paventavano il timore di un ritorno ai mesi bui dell’inflazione galoppante: la guerra aperta tra Israele e Hamas.

Nelle ultime settimane, il confronto si è fatto ancora più drammatico in Medio Oriente. Tra Israele e Iran siamo vicini alla guerra diretta.

Sono coinvolti ormai nel conflitto anche Libano e Yemen (quest’ultimo da mesi). Serpeggia la paura che Teheran possa impedire la navigazione dello Stretto di Hormuz, dal quale transita ogni giorno un quinto dell’offerta globale di greggio. D’altra parte, l’Ucraina ha occupato militarmente la regione russa al suo confine per giocarsi l’ultima carta sul campo di battaglia ed evitare di soccombere.

Quotazioni energia in calo

Petrolio e gas restano osservati speciali. Se i loro prezzi risalissero in fretta, le banche centrali avrebbero le mani legate e non potrebbero più procedere al taglio dei tassi di interesse, di certo non ai ritmi scontati dal mercato. Ma per fortuna i numeri raccontano una storia differente. In questa prima metà di ottobre, il Brent ci è costato all’incirca 70,50 euro al barile. Nello stesso periodo dell’anno scorso, il costo fu di 83 euro. Registriamo da allora un calo del 15%. E il gas trattato sul mercato olandese è sceso nel frattempo da 44 a una media di 39,70 euro scarsi: -10%.

L’energia incide direttamente per il 9,91% del paniere dei consumi Eurostat. Una voce importante del bilancio familiare, che induce a immaginare che anche nel mese di ottobre, se i dati fossero grosso modo confermati, essa contribuirà a disinflazione l’economia europea. Il problema ora riguarda il resto del paniere, cioè il cosiddetto dato “core. Trattasi dei prezzi al netto di energia e generi alimentari freschi, due componenti volatili. Esso segnala l’andamento di fondo dell’inflazione. A settembre, pur in rallentamento, era ancora al +2,7%.

Da petrolio e gas ad aumenti permanenti

Possiamo sintetizzare cos’è accaduto in questo modo. Inizialmente, petrolio e gas fecero impennare i costi di produzione e trasporto. Una volta che i loro rincari sono rientrati, questi si erano già trasferiti agli altri comparti economici. Ad esempio, dopo avere accusato grosse perdite al potere di acquisto, i lavoratori hanno reclamato e in parte ottenuto adeguamenti salariali più consistenti rispetto agli anni passati.

Dunque, gli aumenti dei prezzi sono diventati permanenti. Semmai, essi stanno rallentando i ritmi e in Italia si sono quasi azzerati. La stretta monetaria ha agevolato il trend, “raffreddando” la domanda e incentivando il risparmio. E così la Banca Centrale Europea può proseguire il taglio dei tassi, salvo sorprese sul fronte delle materie prime.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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