A Cuba è tornato il lockdown e la pandemia questa volta non c’entra. Da giovedì fino a domenica il governo ha imposto la chiusura di tutte le attività statali non strettamente necessarie e del settore privato. La ragione? Non c’è abbastanza elettricità. Ma il primo ministro Manuel Marrero ha rassicurato che l’economia di Cuba non sia ancora “in un abisso senza fondo”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’uragano Milton, che ha ridotto la sua scarsa produzione di energia.
Economia di Cuba colpita da crisi in Venezuela
Le importazioni erano garantite fino a non molto tempo fa dal Venezuela di Nicolas Maduro, in cambio dell’invio di medici nel paese andino. Da anni, però, Caracas è sprofondata nella miseria più cupa e non riesce più a garantire ai suoi alleati dell’America Latina il greggio sottocosto con il programma Petrocaribe. A questo punto, complice il bloqueo degli Stati Uniti, L’Avana è costretta a guardare agli aiuti di Cina e Russia. Che non arrivano o arrivano col contagocce. La solidarietà tra “compagni” resta a parole, mentre nei fatti Pechino e Mosca assistono passivamente all’inabissamento dell’economia di Cuba.
Maxi-svalutazione del cambio
La situazione è precipitata da inizio 2021, quando il governo castrista decide di imprimere una svolta alla crisi con il varo di una riforma monetaria. Di fatto, una svalutazione del cambio del 96%. Il costo delle importazioni esplodeva, l’inflazione pure. Questa era ancora sopra il 30% ad agosto di quest’anno. I prezzi al consumo negli ultimi quattro anni sono schizzati del 300%, cioè sono quadruplicati. E i dati ufficiali non sono nemmeno tanto credibili.
Lungi dall’avere rinvigorito le esportazioni, la maxi-svalutazione ha semplicemente fatto esplodere i costi di produzione. Infatti, non è andata di pari passo alla promessa liberalizzazione dell’economia a Cuba, che resta tra le meno libere al mondo. Il settore privato non ha potuto sopperire alle carenti importazioni con l’aumento della produzione domestica. I dati parlano chiaro: importazioni a -23% (-2,5 miliardi di dollari) tra il 2018 e il 2023. Esportazioni a -70% (-4,5 miliardi) dall’apice del 2011. La bilancia commerciale è cronicamente in rosso.
Salari da fame, quel che resta della Revolucion
E così, il Banco Centrale de Cuba dovette svalutare nuovamente il cambio nell’estate del 2022 dell’80%. Adesso, un dollaro ufficialmente vale 125 pesos cubani (Cup). Ma al mercato nero si acquista per circa 300 Cup. Nella primavera scorsa, si è arrivati a quasi 400 Cup. La fine della pandemia ha fatto ripartire il turismo, ma non è bastato a rimpinguare le riserve valutarie. A pagare la crisi dell’economia a Cuba sono come sempre gli isolani. Uno stipendio medio si aggira sui 22.000 Cup al mese, qualcosa come 176 dollari al cambio ufficiale e circa 90 al cambio di mercato.
Prendete questi ultimi dati con le pinze. La verità è che l’economia di Cuba è duale: c’è un settore privato legato alle esportazioni (turismo, in primis), in cui gli stipendi sono relativamente alti. Grazie all’accesso diretto alla valuta estera, riesce a garantire standard di benessere più dignitosi. Anziché sostenerlo, il governo fa di tutto per limitarne le dimensioni, preoccupato com’è di mettere in discussione i paradigmi ideologici della Revolucion del 1959. La miseria dilaga, specie nelle campagne, come dimostra il record di clandestini cubani in Florida.
Economia di Cuba al collasso definitivo con nuove sanzioni Usa
Mentre il presidente Miguel Diaz-Canel si preoccupa di mantenere intatto il socialismo, i blackout arrivano fuori dalla capitale a 18 ore al giorno.