Nel nostro Paese il fenomeno della povertà assume una dimensione drammatica e radicata, alimentando una spirale che coinvolge oltre cinque milioni di persone, tra cui 1,3 milioni di minori. L’Italia è povera! Secondo i dati Eurostat, il nostro Paese è al terzo posto in Europa per il rischio di trasmissione intergenerazionale della povertà, con un tasso del 34% contro il 20% della media europea. Questo significa che un terzo degli italiani è destinato a ereditare le difficoltà economiche dei propri genitori, una prospettiva che ostacola fortemente il riscatto sociale e condanna intere generazioni a un futuro di precarietà.
Le radici di questa condizione vanno rintracciate in diversi fattori: l’abbandono scolastico precoce, la fragilità dei settori lavorativi, come i servizi e il commercio, e l’assenza di adeguati supporti sociali. Spesso, chi nasce in contesti svantaggiati fatica a trovare opportunità di lavoro e sviluppo, mantenendo così viva una realtà di povertà che si trasmette come un “fardello ereditario”. Questo circolo vizioso è ben visibile nei dati Eurostat, che rivelano come il 20% degli adulti europei cresciuti in difficoltà economiche sia ancora in condizioni di svantaggio, una percentuale che in Italia raggiunge il 34%.
Un podio poco lusinghiero
L’Italia si trova sul podio, ma non certo per celebrare. La sua posizione è subito dopo Romania e Bulgaria, Paesi in cui la povertà ha radici ancora più profonde e in cui la possibilità di uscire dal disagio sociale appare ancora più remota. In Bulgaria, ad esempio, il 48,1% di chi ha vissuto un’infanzia in condizioni di difficoltà economica continua a trovarsi in povertà da adulto, mentre in Romania la percentuale è del 42,1%. Nonostante il Belpaese non raggiunga questi estremi, il problema resta critico e sintomatico di un tessuto sociale in difficoltà.
La storia insegna che quando il riscatto sociale diventa impossibile, le conseguenze possono essere esplosive. Il caso della Rivoluzione Francese del 1789, le rivolte russe del 1917 e le manifestazioni della Primavera Araba nel 2010 sono esempi di società in cui le disuguaglianze economiche, unite alla mancanza di prospettive, hanno portato a reazioni collettive intense.
Italia povera, le sfortune economiche si ereditano
Un elemento chiave che contribuisce alla perpetuazione della povertà è l’istruzione. Nel nostro Paese, solo il 67% dei giovani diplomati o laureati riesce a trovare un’occupazione, a fronte di una media europea dell’83%. La mancanza di una formazione adeguata condanna molti giovani a lavori mal pagati o alla disoccupazione. Questo dato è ulteriormente aggravato dall’abolizione del Reddito di cittadinanza, sostituito dall’Assegno di inclusione e dal Supporto per la formazione. Tuttavia, queste nuove misure hanno tagliato fuori diverse categorie, come chi vive in affitto o chi ha meno di 60 anni, limitando così l’efficacia del supporto sociale.
Nonostante il tentativo di introdurre la social card, proposta dal ministro Lollobrigida, le risorse non sono arrivate ai più bisognosi. I requisiti per accedere alla social card sono meno stringenti rispetto a quelli previsti per il Reddito di cittadinanza, con il risultato che molte famiglie in effettiva necessità non hanno ricevuto il sostegno sperato. Un sostegno che, in un contesto di crescente disagio economico, avrebbe potuto fare la differenza.
Mentre l’Italia si confronta con questo problema di povertà radicata, alcuni Paesi europei sembrano avere una strategia vincente. La Danimarca, ad esempio, è un’eccezione nel panorama europeo, dove chi è cresciuto in famiglie economicamente svantaggiate non risulta necessariamente in condizioni di povertà da adulto. Lo stesso vale per Slovenia e Finlandia, Paesi in cui le politiche sociali riescono a spezzare il circolo della povertà, garantendo un accesso paritario alle opportunità.
In sintesi…
- In Italia, il 34% della popolazione eredita la povertà dai genitori, uno dei tassi più alti in Europa.
- La mancanza di mobilità sociale è aggravata da un accesso limitato all’istruzione e dalla precarietà lavorativa.
- Paesi come Danimarca e Slovenia mostrano come politiche efficaci possano spezzare il ciclo della povertà.